Ora la Spagna va
all’attacco
anche della Settimana
Santa
Vacanze pasquali? Meglio riposo tra i trimestri Bocciata l’idea-choc
Da Madrid
MICHELA CORRICELLI -
Avvenire 20/3/2011
Su alcuni aspetti della
tradizione spagnola non si
sgarra. Il Paese iberico (o
meglio, una fetta di esso)
si vanta di essere
all’avanguardia su certi
temi spinosissimi: dal
matrimonio gay (con tanto di
adozione) alla ricerca con
le cellule embrionali. Ma
sulla Semana Santa – ovvero
la Settimana Santa di Pasqua
– non si accettano
variazioni, neppure nella
Spagna di José Luis
Rodriguez Zapatero.
L’innovazione imposta dal presidente della Castiglia-La Mancha – il socialista Jose Maria Barreda – è stata un boccone troppo amaro per i lettori dei quotidiani Abc e La Razon: il capo del governo regionale aveva deciso di cancellare la definizione di Settimana Santa dal calendario scolastico, sostituendola con un aconfessionale “riposo fra il secondo e il terzo trimestre”.
Ma è stato costretto a
fare marcia indietro. All’opinione
pubblica l’idea di Barreda
non è piaciuta affatto:
eliminare la Settimana Santa
de toda la vida,
per introdurre un riposo
senza alcuna tradizione? E
perché mai? Si potrebbe
parlare di nominalismo alla
spagnola. O forse
nominalismo laicista.
L’Associazione delle
Confraternite della Semana
Santa della località di
Ciudad Real è stata la prima
a protestare, dopo
l’annuncio dell’Assessorato
all’educazione della
Castiglia. Le autorità
locali erano state chiare e
concise: nel “nuovo”
calendario, i giorni di
vacanza 18, 19, 20 e 25
aprile apparivano come
“riposo fra trimestri”,
mentre i giorni del Giovedì
e Venerdì Santo come
feriali.
«Non possiamo tacere» ha
avvertito l’Associazione
delle Confraternite in una
lettera inviate ai suoi
membri, citata dall’Abc.
«Basta con il controllo
insopportabile del
linguaggio. C’è in gioco la
nostra identità e dobbiamo
ribellarci di fronte a così
tante dimostrazioni di
secolarizzazione». Il
relativismo assoluto –
politicamente corretto e
molto di moda in Spagna –
non convince le
Confraternite, che
rivendicano il dovere di
«trasmettere i nostri valori
alla prossima generazione» e
l’orgoglio «della nostra
eredità religiosa e
culturale
maggioritariamente
cristiana, che ha formato la
nostra civiltà occidentale e
le nostre libertà».
La decisione di Barreda – finita sui due principali quotidiani conservatori spagnoli – ha acceso le polemiche. Il presidente regionale è stato obbligato ad un clamoroso dietro front e ha ordinato all’assessore all’educazione, Maria Angeles Garcia, di recuperare immediatamente la storica e tradizionale definizione di vacanze della Settimana Santa di Pasqua.
Al malumore di alcune
associazioni si sono
aggiunte le proteste del
centrodestra. Leandro
Esteban, del Partito
Popolare della Castiglia-La
Mancha, ha detto che
sarebbe «inaccettabile»
eliminare dal calendario
scolastico la Settimana
Santa, che è la tradizione
«con più forti radici nella
nostra terra». Otto
cittadini su dieci, nella
regione, si dichiarano
cattolici e partecipano
agli atti religiosi della
settimana di Pasqua. Una
festa chiave per la nazione
iberica, anche a livello
culturale e turistico: le
grandi processioni di
Siviglia o Valladolid sono
celebri in tutto il mondo.
Negli ultimi giorni di anticlericalismo e laicismo esasperato si è parlato molto, in Spagna. La volgare irruzione di un gruppo di 50 ragazze nella cappella dell’università Complutense di Somosaguas, il 10 marzo, ha provocato l’indignazione di gran parte della società.
Ma le tensioni non
riguardano soltanto Madrid.
La cappella della facoltà
di Economia dell’università
di Barcellona è stata
bloccata un mese per
ragioni di «sicurezza»
(gruppi laicisti ne
reclamano la chiusura
definitiva), mentre quella
dell’ateneo di Valladolid –
dopo quattro settimane – è
stata riaperta.
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