di Rafael
Navarro-Valls*
MADRID, mercoledì, 16
marzo 2011 (ZENIT.org).-
Estate del 1989. La
caduta del socialismo
reale nei Paesi dell’Est
solleva ondate di
entusiasmo. Francis
Fukuyama suggeriva che
forse “stiamo assistendo
alla fine della storia
stessa ... e
dell’universalizzazione
della democrazia in
quanto forma ultima del
governo umano”. Qual è
la prima cosa che la
democrazia ha fatto in
tutti quei Paesi? Dare
voce al popolo. E, nel
farlo, i politici hanno
scoperto che quel popolo
voleva parlare di Dio.
Inverno del 2011. La
caduta delle autocrazie
in Egitto e Tunisia, e
l’erosione delle
dittature in Yemen,
Bahrein e Libia iniziano
a risvegliare la
speranza nella fine
della patologia
totalitaria nei Paesi
islamici. Speriamo in
un’espansione
progressiva dei diritti
umani che eviti scontri
violenti tra estremismi
intolleranti. Questo
sarà possibile se verrà
tutelata la prima delle
libertà, ovvero quella
religiosa.
Il test che indica
l’emergere di una vera
democrazia a
sostituzione della
dittatura è l’apertura a
due libertà: quella di
coscienza e quella di
espressione.
Per spiegarmi meglio mi
sia consentito di
ricordare alcuni dati
relativi ai Paesi più
colpiti dal sisma
ideologico in atto nel
Nord dell’Africa e
tratti dai rapporti più
rigorosi sulla libertà
religiosa nel mondo. Mi
riferisco ai rapporti
del 2010 del
Dipartimento di Stato
degli Stati Uniti e di
Aiuto alla Chiesa che
soffre.
In Bahrein, quando
inizia la
confessionalità
islamica, finisce la
libertà religiosa. Un
solo esempio: il 14
maggio del 2009, il
Ministero per lo
sviluppo sociale ha
ordinato a sei comunità
cristiane di sospendere
le loro attività. Tunisi
possiede uno 0,2% di
cristiani, a fronte del
99,5% di musulmani.
Questa esigua
percentuale si è vista
vietare ufficialmente il
proselitismo, impedire
la conversione dei
musulmani e proibire la
lettura del vangelo a
fini di conversione.
Sotto la dittatura di
Hosni Mubarak, l’Islam
in Egitto, con un’80-90%
di musulmani (per un 10%
di cristiani), è la
religione del Paese e
l’unica a essere
praticata. A causa della
sharia (legge islamica),
spesso avvengono
condanne per
“apostasia”, in quanto
questa viola “l’ordine
pubblico”, o arresti per
“interruzione pubblica”
del digiuno del Ramadan.
La fede cristiana
sopravvive nello Yemen
del XXI secolo nella
forma di riunioni
segrete delle chiese
domestiche. In base alla
Costituzione del 1991,
“la sharia islamica è la
fonte di ogni
legislazione”. Tra i
crimini coranici appare
l’apostasia, sanzionata
con la morte. Nel
gennaio del 2009,
l’aumento delle violenze
contro i membri della
comunità ebraica ha
determinato la chiusura
di due sinagoghe nella
zona di Amran.
Curiosamente, la Libia –
che non ha una
Costituzione – è la più
tollerante tra queste
dittature. Di fatto, il
clero cattolico svolge
liberamente il suo
servizio negli ospedali
e negli orfanotrofi,
assistendo anche anziani
e disabili. Tuttavia,
non esistono luoghi di
culto pubblici per
l’Induismo, il Buddismo
e il Bahaismo.
D’altra parte, la
preoccupazione in
Occidente per le
persecuzioni contro i
cristiani in altri Paesi
d’Oriente, ha avuto una
clamorosa conferma con
l’uccisione, in
Pakistan, del ministro
cattolico Shahbaz Bhatti.
Nel caso dell’Iran, il
Governo non solo
continua ad opprimere i
wahabiti e i cristiani,
ma anche i musulmani
sufiti. I predetti
rapporti dicono che i
musulmani dissidenti
sono sottomessi sempre
di più ad abusi e
talvolta condannati a
morte e giustiziati per
“moharebeh”, ovvero per
“guerra contro Dio”, con
la pena capitale.
La tensione tra
dittatura e democrazia
ha il suo nucleo
centrale nel rispetto
della libertà religiosa.
E in quei Paesi in
ebollizione dovranno
evitare di nascondersi
dietro la tesi
restrittiva della non
universalità dei diritti
umani. Questa è un
pretesto per proclamare
la loro “innocenza” nel
negarli. I diritti umani
– tra cui la libertà
religiosa – o sono
universali, o perdono
totalmente di senso.
Per questo mi permetto
di ribadire che il vero
test per comprovare se
la democrazia è reale
nelle nuove rivoluzioni
del Nord Africa, sarà il
grado di rispetto della
libertà religiosa. Per
il quale è di scarso
aiuto il sorprendente
consiglio che il
presidente Zapatero si è
permesso di dare nella
sua recente visita a
Tunisi: relare la
religione all’ambito
privato.
---------
*Rafael Navarro-Valls
è docente della Facoltà
di diritto
dell’Università
Complutense di Madrid e
segretario generale
della Real Academia de
Jurisprudencia y
Legislación spagnola.