Colpo al nucleare iraniano
Vittorio Da Rold - Sole24Ore
27/2/2011
Il supervirus informatico
Stuxnet ha colpito a morte
(almeno per ora) la centrale
atomica di Bushehr, il fiore
all'occhiello del programma
nucleare degli ayatollah che
secondo le parole
dell'ambasciatore russo presso
la Nato, rischiava, senza il
blocco del combustibile, «un
nuovo incidente nucleare come
quello avvenuto nel 1986 a
Chernobyl».
La clamorosa notizia è trapelata
attraverso poche righe al punto
42, del paragrafo J del rapporto
"riservato" sul nucleare
iraniano dell'Aiea, l'Agenzia
internazionale dell'Onu per
l'energia atomica, inviato il 25
febbraio al consiglio dei
governatori. Una frase
apparentemente insignificante
che, invece, ha messo a nudo il
più eclatante fallimento del
regime iraniano. L'Iran comunica
all'Aiea a Vienna il 23 febbraio
che avrebbe proceduto ad
estrarre il combustibile
nucleare per «esami e attività
tecniche» della centrale da
mille Megawatt di Bushehr.
Poi è arrivata la conferma
dell'ambasciatore iraniano
presso l'Aiea a Vienna, Ali
Ashgar Soltanieh, che ha
spiegato come «gli scorsi 15 e
16 febbraio alcuni ispettori
dell'Aiea hanno effettuato
controlli nella centrale,
situata sulla costa del Golfo, e
il 23 febbraio l'Iran ha
comunicato all'agenzia dell'Onu
che a causa di problemi si è
reso necessario scaricare per
ragioni «tecniche» il
combustibile, già inserito nel
nocciolo, dal suo primo reattore
nucleare a Busher, che sarebbe
dovuto entrare in servizio ad
aprile.
Quella di Bushehr è la prima
centrale nucleare iraniana, un
progetto iniziato trentasei anni
fa ai tempi dello scià Reza
Palhavi e che nel corso dei
decenni ha visto l'assistenza
dei tedeschi prima, dei francesi
poi e infine dei russi. Il
completamento e la messa in
funzione da parte dei tecnici di
Mosca ha subìto ritardi di anni.
Nell'autunno scorso il
combustibile a base di uranio
arricchito fornito da Mosca (che
si è inpegnata con il Gruppo dei
5+1 a riprendere il combustibile
per evitare che possa essere
usato per scopi militari) era
stato caricato e la messa in
funzione della centrale era
prevista entro pochi mesi.
L'Iran aveva preparato una
enorme copertura mediatica per
sottolineare l'importanza
dell'evento, un impianto costato
oltre un miliardo di dollari,
circondata da decine di cannoni
antiaerei e stazioni radar per
tenere sotto controllo ogni
traccia di jet in avvicinamento.
Tutto inutile. La centrale è
stata colpita dalla diffusione
del supervirus informatico
Stuxnet, che secondo diversi
esperti potrebbe, data la sua
estrema complessità e
configurazione, essere stato
creato solo da uno stato - si
pensa Israele - proprio per
fermare il programma nucleare
della Repubblica islamica che si
sospetta possa avere un piano
segreto militare sebbene l'Iran
abbia sempre smentito questa
ipotesi.
Le autorità di Teheran hanno
ammesso che solo alcuni computer
personali di dipendenti della
centrale di Bushehr avevano
dovuto essere bonificati, ma
avevano negato conseguenze
sull'attività complessiva
dell'impianto. Intanto però i
tecnici iraniani hanno iniziato
a rimuovere le 193 barre di
combustibile nucleare. Un brutto
colpo per il presidente iraniano
Mahmoud Ahmadinejad, che del
programma nucleare aveva fatto
l'elemento di sfida
all'Occidente.
«Il fallimento della centrale di
Bushehr potrebbe rappresentare
un sostanziale passo indietro
per il programma iraniano» ha
detto David Albright, uno dei
massimi esperti in materia e
presidente dell'Istituto per la
scienza e la sicurezza
internazionale, un think tank di
Washington che monitora la
proliferazione nucleare.
Ma il rapporto degli ispettori
dell'Aiea, insolitamente duro
sulle questioni mai risolte
circa la vera natura (civile o
militare) del programma nucleare
iraniano, dice di aver raccolto
«nuove informazioni» che
indicano che l'Iran sta
esaminando i modi per
militarizzare il suo programma
nucleare, compresa la
possibilità di apporre armi
atomiche su missili a lungo
raggio.
Nonostante il presunto attacco
informatico, le riserve
complessive dell'Iran di uranio
a basso arricchimento sono
cresciute di oltre 400 kg per un
totale di 3.610 kg, riporta
sempre il rapporto Aiea. Questo
è più che sufficiente per due
armi nucleari, se Teheran
dovesse decidere di arricchire
l'uranio a più alti livelli.