Dottor Obama e mister Bushdi Christian Rocca - Sole24Ore 15/2/2011C'è da raccontare una seconda rivoluzione, oltre a quella egiziana, tunisina, mediorientale. Una rivoluzione altrettanto importante per gli equilibri mondiali e il futuro prossimo delle relazioni internazionali. Questa seconda rivoluzione (si veda Il Sole 24 Ore del 26 gennaio) è stata partorita nei corridoi angusti della West Wing della Casa Bianca, dove sembrava altamente improbabile che potesse nascere. Questa rivoluzione ideologica, dopo qualche esitazione iniziale e una battaglia intestina dentro l'amministrazione, si è affermata sulla scrivania dello studio ovale di Barack Obama.
L'inserto domenicale del New
York Times l'ha definita senza
giri di parole: «Il ritorno
della promozione della
democrazia». Non hanno gioito
soltanto a piazza Tahrir, ha
scritto il giornale
dell'intellighenzia liberal, ma
anche a Dallas, dove oggi
risiede il predecessore di Obama.
George W. Bush.
In questo caso, molto più
semplicemente, Obama non poteva
permettersi di stare dalla parte
sbagliata della storia. Col
sostegno intellettuale dei
consiglieri Samantha Power,
Denis McDonough e Ben Rhodes,
Obama ha superato le resistenze
del vicepresidente Joe Biden,
del Dipartimento di stato di
Hillary Clinton e del Pentagono,
tutti impegnati a eseguire una
politica estera attenta agli
equilibri di potere e al
mantenimento dello status quo.
Obama ha fatto saltare il tavolo
che lui stesso aveva
apparecchiato, per abbracciare
in extremis la rivolta popolare
e impegnarsi per la transizione
democratica egiziana, magari sul
modello indonesiano elaborato
nel 1989 dall'allora
ambasciatore americano a
Giacarta Paul Wolfowitz.
La destituzione del dittatore
egiziano ha riaperto il
dibattito sulla dottrina Bush,
sulla freedom agenda, sull'idea
che soltanto il cambiamento dei
regimi dispotici mediorientali,
sostenuti per oltre sessant'anni
da Stati Uniti e Occidente,
avrebbe potuto aprire quelle
società, liberare quei popoli e
fornire un'alternativa alla
cultura dell'odio islamista che
ha portato 19 ragazzi arabi a
dirottare quattro aerei, a farli
schiantare sulle Torri Gemelle e
sul Pentagono e a uccidere quasi
tremila persone. L'approccio di
Obama non è da ideologo, ma ora
che ha scoperto come la politica
più aderente agli interessi
nazionali americani sia quella
contro lo status quo dispotico,
sarà difficile tornare indietro.
Al Cairo, a Tunisi, a Teheran e
a Dallas festeggiano. |