Il presidente della Pontificia Accademia per la vita e la svolta di Obama
L'arcivescovo Fisichella: «Se proibisce la tortura non dica no alla vita nascente»
Gian Guido Vecchi - Corriere 24 gennaio 2009
CITTÀ DEL VATICANO — «Apriamo gli occhi, mi sembra ci sia in giro molta polvere di stelle. Sa cos'è?».
No,
eccellenza, cos'è?
«Succede quando ci sono tanti problemi
urgenti, seri, e insieme delle
difficoltà oggettive, mancanza di
risorse eccetera. Allora si vanno a
prendere altre cose che luccicano e
soddisfano forse chi vive di ideologia.
Solo che in concreto non portano ad
alcun risultato, se non a nascondere i
problemi veri». L'arcivescovo Rino
Fisichella, presidente della Pontificia
Accademia per la vita nonché rettore
della Lateranense, considera preoccupato
e un po' desolato i primi passi di Obama
in tema di aborto. «L'essenziale è saper
ascoltare tutte le istanze del Paese,
senza rinchiudersi in visioni
ideologiche con l'arroganza di chi,
avendo il potere, pensa di poter
decidere della vita e della morte».
Il presidente Obama ha abolito la
legge che vietava di finanziare le
organizzazioni internazionali che
sostengono, per la pianificazione
familiare, anche l'aborto...
«Come dice il proverbio: chi ben
comincia è alla metà dell'opera... Se
questo è uno dei primi atti del
presidente Obama mi sento di dire, con
tutto il rispetto possibile, che il
passo verso la delusione è assai breve.
Anche perché, quando ci si erge
giustamente a paladini della dignità
della persona, ci si aspetta che tale
diritto sia esteso a tutti, senza
discriminazioni né contraddizioni
profonde».
Parla della chiusura di Guantanamo e
del no alle torture?
«Appunto. Nel momento in cui si vuol
fare chiarezza su questo — e ripeto:
giustamente —, ci si aspetta che tale
preoccupazione possa riguardare anche la
vita nascente. Il mondo di oggi è più
piccolo di quello che crediamo e i temi
etici suscitano grande incertezza e
magari gravi conflitti nella
popolazione. Per questo vanno affrontati
con grande prudenza e non con
l'arroganza di chi si crede nel giusto,
apponendo la firma a un decreto che di
fatto è un'ulteriore apertura all'aborto
e quindi alla distruzione di esseri
umani».
Barack Obama è per il diritto di
scelta ma ha invitato a trovare un
«punto d'incontro» e «prevenire le
gravidanze non volute, ridurre il
ricorso all'aborto »...
«Guardi, sulle questioni etiche non si
può giocare con le parole. Dal
presidente di un Paese qualsiasi
all'ultimo dei parlamentari, andrebbero
evitate visioni strabiche, lo scarto tra
ciò che soggettivamente uno pensa e ciò
che oggettivamente fa. "Sono
personalmente contrario all'aborto,
però...". Mi sembra che nascondersi
dietro i sofismi non sia degno di chi ha
delle responsabilità verso i cittadini.
La gente vuole chiarezza».
Tra l'altro, torneranno i
finanziamenti federali alla ricerca
sulle staminali embrionali.
«La mia prima impressione, se lo
facesse, sarebbe di un cedimento alla
pressione delle grandi multinazionali
del settore. In tutto il mondo gli
scienziati spiegano che la ricerca sulle
staminali adulte funziona mentre quella
sulle embrionali non va da nessuna
parte. Addirittura, in alcuni settori,
gli interventi sulle cellule a livello
genetico stanno superando la necessità
di lavorare sulle staminali adulte.
Insistere sulle embrionali
significherebbe imboccare un vicolo
cieco indicato dall'ideologia e non da
una valutazione scientifica. No, il
problema non è scientifico, è
ideologico. Ed economico».
La maggioranza dei cattolici ha votato
Obama, però.
«Non credo che chi lo ha votato abbia
preso in considerazione i temi etici,
anche perché vengono astutamente
lasciati fuori dal dibattito elettorale.
Certo non penso che queste scelte gli
porteranno consenso. Il popolo per la
vita nasce cattolico ma oggi abbraccia
una moltitudine di persone. La maggior
parte della popolazione americana non è
sulle posizioni del presidente e del suo
staff. Dai tempi di Tocqueville sappiamo
bene che il popolo americano, e in
particolare i cattolici, ha un forte
senso civile, di appartenenza e lealtà
alle istituzioni, ma con altrettanta
forza sostiene la propria libertà di
critica e il senso della giustizia e
della vita».
«L'Osservatore Romano» scriveva che
questo dell'aborto è «uno dei nodi
attraverso i quali si qualificheranno i
rapporti tra l'amministrazione Usa e le
confessioni cristiane del Paese». E
adesso?
«Giovedì, a Washington, duecentomila
persone hanno marciato a favore della
vita. Se la risposta del presidente è di
estendere il diritto all'aborto, la
profonda contraddizione di cui parlavo
prima, con tutta la buona volontà non
riesco a capire cosa di nuovo possa
proporre. Ma staremo a vedere».
Fino a che punto questa faccenda
complicherà i rapporti tra Usa e
Vaticano? Benedetto XVI, nel suo
telegramma di auguri al presidente Usa,
ricordava i diritti di «chi non ha voce»
ma anche «i poveri», gli «emarginati»,
parlava della pace tra le nazioni...
«La Santa Sede, è evidente, coinvolge la
conferenza episcopale del Paese. In
primo piano ci sono i vescovi
statunitensi, ai quali voglio dare la
mia più totale solidarietà: sono
chiamati a dare ancora più forza alla
loro testimonianza su tutto ciò che
riguarda la dignità della persona,
quindi non solo i temi bioetici ma anche
la povertà, la crisi economica...».
Ma con Obama?
«Chiunque abbia delle responsabilità,
quando inizia un cammino, dev'essere
capace di valutare non solo le esigenze
del proprio Paese ma anche le
conseguenze che ne derivano altrove.
Quanto avviene negli Usa ricade in altre
parti del mondo. Per questo si dev'essere
capaci di ascolto, di umiltà, e magari
di chiedere aiuto agli altri».