L'America di
Benedetto XVI, modello per l'Europa cattolica
L'agenda del
viaggio papale negli Stati Uniti. E una grande indagine del Pew
Forum. Sulla nazione in cui le religioni sono le più mutevoli al
mondo, perdendo o guadagnando ogni giorno i loro fedeli
di Sandro Magister - Espresso 4.4.2008
ROMA, 4 aprile 2008 – Quando a metà aprile Benedetto XVI
atterrerà all'aeroporto militare della Andrews Air Force Base di
Washington, gli Stati Uniti passeranno in testa alla classifica
dei paesi più visitati dai papi. A pari merito con la Polonia
per numero di visite, nove. E assieme alla Turchia per numero di
papi visitatori, tre, prima di lui i suoi predecessori Paolo VI
e Giovanni Paolo II.
Quest'ultimo, viaggiatore sfrenato, girò in lungo e in largo gli
Stati Uniti. Nella sua prima visita, nel 1979, in sette giorni
toccò sette città e pronunciò 63 discorsi. Il più pacato Joseph
Ratzinger, anche lui in sette giorni, farà invece due sole
tappe, a Washington – dove il 16 aprile incontrerà George W.
Bush alla Casa Bianca – e a New York, e pronuncerà appena 11
discorsi. Ma di questi, pur solo annunciati, almeno due già
fanno trepidare, dopo che a Ratisbona l'attuale papa ha mostrato
al mondo di quali spericolati affondi è capace. Saranno il
discorso del 17 aprile, a Washington, ai rappresentanti
dell'ebraismo, dell'islam e di altre religioni, e quello del 18
aprile, a New York, all'assemblea generale delle Nazioni Unite.
A Ratisbona, Benedetto XVI denunciò come errori capitali del
mondo d'oggi il distacco della fede dalla ragione, di cui accusò
l'islamismo, e la perdita della fede nella ragione, che invece
imputò alla cultura dominante in Europa e in America. Dalla
tribuna dell'ONU, si può scommettere che egli farà un passo in
più, offrirà al mondo una grammatica di pace fondata sulla legge
naturale, sui diritti inviolabili scolpiti nella coscienza di
ogni uomo ma anche scritti in quella "Dichiarazione universale"
di cui si celebra proprio nel 2008 il sessantesimo compleanno.
Previsione facile, se solo si bada a cosa disse il papa, lo
scorso 29 febbraio, ricevendo la nuova ambasciatrice degli Stati
Uniti presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon. Per Benedetto XVI,
gli Stati Uniti sono un modello da imitare per tutti. Sono il
paese che è nato ed è fondato "sulla verità evidente che il
Creatore ha dotato ogni essere umano di diritti inalienabili",
il primo dei quali è la libertà.
* * *
Con questo papa, gli Stati Uniti hanno
cessato di essere tenuti in castigo dalle autorità vaticane.
Fino a pochi decenni fa erano tacciati d’essere il tempio del
capitalismo calvinista, del consumismo, del darwinismo sociale,
della sedia elettrica, del grilletto facile in ogni angolo del
mondo.
Oggi questi paradigmi appaiono in buona misura accantonati. La
Chiesa di Roma ha contestato con forza l’attacco militare
all’Iraq di Saddam Hussein. Anche Benedetto XVI l’ha fatto. Ma
ora non preme per il ritiro dei soldati. Vuole che restino là
“in missione di pace”, anche a difesa delle minoranze cristiane.
In ogni caso il giudizio generale sugli Stati Uniti è cambiato
in positivo, di pari passo con i giudizi sempre più pessimistici
sull’Europa. All’ambasciatrice Glendon, Benedetto XVI ha detto
di ammirare “lo storico apprezzamento del popolo americano per
il ruolo della religione nel forgiare il dibattito pubblico”,
ruolo che invece altrove, leggi in Europa, “è contestato in nome
di una comprensione limitata della vita politica”. Con le
conseguenze che ne derivano sui punti che alla Chiesa stanno più
a cuore, come “la tutela legale del dono divino della vita dal
concepimento alla morte maturale”, il matrimonio, la famiglia.
Con i presidenti repubblicani, da Reagan ai due Bush, la Chiesa
di Roma si è trovata in più frequente sintonia che con il
democratico Clinton, proprio per il maggiore dedicarsi dei primi
a tutelare la vita e a promuovere la libertà religiosa nel
mondo. Al Cairo nel 1994 e a Pechino nel 1995, nelle due
conferenze internazionali convocate dall’ONU sulla questione
demografica e sulla donna, entrambe con Clinton presidente, la
delegazione della Santa Sede combatté tenacemente contro Stati
Uniti ed Europa che volevano incentivare l’aborto per ridurre le
nascite nei paesi poveri.
E a Pechino chi era alla testa della squadra vaticana? Mary Ann
Glendon, femminista convertita, docente di legge alla Harvard
University, poi promossa da Giovanni Paolo II presidente della
pontificia accademia delle scienze sociali e oggi ambasciatrice
degli Stati Uniti. Il suo discorso calò come una lama tagliente:
“La conferenza vuole contrastare le violenze patite dalle donne?
Giusto. E allora prendiamone nota. Tra le violenze ci sono i
programmi obbligatori di controllo delle nascite, le
sterilizzazioni forzate, le pressioni ad abortire, la
preselezione dei sessi e la conseguente distruzione dei feti
femminili”.
In una raccolta di suoi saggi che escono in questi giorni in
Italia editi da Rubbettino, Mary Ann Glendon ritorna
polemicamente su ciò che accadde a Pechino e negli anni
successivi. Accusa i paesi ricchi di aver stretto la borsa degli
aiuti preferendo la scorciatoia abortista di una frenata
demografica a costo zero. Accusa soprattutto le élite laiche
occidentali di aver sostituito al “linguaggio ampio, ricco,
equilibrato” della Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo, il “gergo mediocre” dei desideri individuali senza
più doveri e responsabilità. La sua requisitoria è stata
ripubblicata da “L’Osservatore Romano”.
Per questi stessi motivi più volte, negli ultimi anni, le
autorità vaticane hanno criticato l’ONU e l’Unione Europea. Ciò
non toglie che la Santa Sede continui a dare credito e sostegno
alle Nazioni Unite come strumento pacifico di soluzione delle
controversie internazionali.
All’ONU la Santa Sede è presente come “stato osservatore
permanente”. Non vota ma ha diritto di parola e di replica. Una
campagna per la sua estromissione, orchestrata alcuni anni fa da
organizzazioni non governative impegnate nel controllo delle
nascite e indispettite per l’opposizione vaticana, ha ottenuto
l’effetto contrario. Nel luglio del 2004 l'assemblea generale
dell'ONU ha approvato all'unanimità una risoluzione che non solo
ha confermato, ma ha rafforzato la presenza della Santa Sede
nell'organizzazione.
Dalla tribuna dell’ONU Benedetto XVI parlerà al mondo intero,
nel quale i cattolici sono meno di un sesto della popolazione.
Neppure negli Stati Uniti i cattolici sono maggioranza. Sono
circa 70 milioni su 300 milioni, il 23,9 per cento, secondo una
recentissima indagine del Pew Forum on Religion & Public Life
condotta su un campione di 35 mila americani. Ma sono pur sempre
un blocco cospicuo, parecchi più che in Italia, e lo sono
all’interno di un paese a forte dominante cristiana, con indici
di partecipazione religiosa molto più alti che in Europa.
Nelle presidenziali del 2004 i cattolici hanno contribuito non
poco alla rielezione di George W. Bush. Ma le gerarchie non
diedero indicazioni di voto, né le daranno per le prossime
elezioni. I cattolici pro vita inclinano per il repubblicano
John McCain, quelli pro pace e giustizia per i democratici
Hillary Clinton o Barack Obama. Le autorità della Chiesa
comunque apprezzano che tutti i candidati abbiano dato un posto
preminente al fattore religioso.
Perché gli Stati Uniti sono fatti così. Sono l’avanguardia della
modernità e nello stesso tempo la nazione più religiosa del
mondo. Sono un modello di separazione tra Chiesa e stato e nello
stesso tempo un paese con forte rilevanza pubblica delle
religioni. L’indagine del Pew Forum ha accertato che gli atei e
gli agnostici sono in quantità ridottissima, rispettivamente
l’1,6 e il 2,4 per cento, nonostante sui media sembrino molto
più numerosi e vocianti.
* * *
Ma il dato più rilevante dell’indagine è un
altro. È il numero altissimo di cittadini americani che passano
da una confessione religiosa a un’altra o che “rinascono” a
nuova vita spirituale pur restando nella stessa religione.
Non c’è nazione al mondo in cui il mercato religioso sia
altrettanto vibrante e la competizione così serrata. Il 44 per
cento degli americani sopra i 18 anni ha cambiato affiliazione
religiosa anche più di una volta, oppure è passato
dall’incredulità a una fede, o viceversa.
Tra le confessioni protestanti, cui appartengono circa la metà
degli americani, sono in netto calo quelle di orientamento
“liberal” in tema di diritti individuali. Mentre crescono quelle
“evangelical”, puritane, alcune di tradizione fieramente
antipapista ma oggi avvicinatesi alla Chiesa di Roma in nome
della comune battaglia per la difesa della vita.
Tra i cittadini americani cresciuti nella Chiesa cattolica se ne
è andato via uno su tre. Ma questa perdita è stata compensata
dall’acquisto di nuovi convertiti e dall’arrivo di molti
immigrati cattolici da vari paesi, soprattutto dall’America
latina.
Questo innesto migratorio è di tali proporzioni che sta
letteralmente cambiando faccia al cattolicesimo degli Stati
Uniti. E a Roma lo sanno bene, tant’è vero che all’ultimo
concistoro, il 24 novembre 2007, Benedetto XVI ha fatto
cardinale Daniel DiNardo, arcivescovo di Galveston e Houston nel
Texas, una diocesi mai in precedenza onorata con la porpora ma
dove il numero dei cattolici è in vertiginoso aumento, così come
in altre diocesi meta di immigrazione, ad esempio Dallas, dove i
cattolici erano vent’anni fa 200 mila e oggi sono oltre un
milione, per lo più arrivati dal Messico.
Se si aggiunge che il Messico è il paese latinoamericano nel
quale la Chiesa cattolica è più vitale anche tra i giovani, con
un’impressionante fiorire di vocazioni al sacerdozio e alla vita
religiosa, si comprende un’altra novità del cattolicesimo degli
Stati Uniti: l’abbassamento della sua età media.
Tra i cattolici con più di 60 anni la stragrande maggioranza
sono bianchi, ma tra quelli d’età tra i 18 e i 40 quasi la metà
sono “latinos”, cioè arrivati dal Messico e da altri paesi
latinoamericani. Freschi acquisti che compensano l’abbandono
della Chiesa cattolica da parte di giovani bianchi sotto i 30
anni, la fascia d’età più erosa dalla secolarizzazione.
In tutto il 2007 il “New York Times” ha messo in prima pagina
Benedetto XVI solo due volte, contro le 25 di Giovanni Paolo II
nel terzo anno del suo pontificato. Ma col suo prossimo viaggio
papa Ratzinger ricupererà terreno. Gli Stati Uniti appaiono a
lui terra di semina molto promettente. La diocesi di Denver,
l’anno dopo la Giornata della Gioventù del 1993, registrò 2 mila
nuovi convertiti e un aumento dell’8 per cento nella frequenza
alla messa. La stanca Europa cattolica impari.
__________
La citata indagine sul "Paesaggio religioso degli Stati Uniti" è
consultabile integralmente nel sito del Pew Forum on Religion &
Public Life:
> U.S. Religious Landscape Survey
I dati seguenti sono ripresi da tale indagine.
__________
LE RELIGIONI NEGLI STATI UNITI, NEL 2008
Percentuali sul totale della popolazione adulta.
CRISTIANI 78.4
Protestanti 51.3
Chiese "evangelical" 26.3
Chiese tradizionali 18.1
Chiese storicamente nere 6.9
Cattolici 23.9
Mormoni 1.7
Testimoni di Geova 0.7
Ortodossi 0.6
Greci Ortodossi <0.3
Russi Ortodossi <0.3
Altri <0.3
Altri cristiani 0.3
ALTRE RELIGIONI 4.7
Ebrei 1.7
Riformati 0.7
Conservatori 0.5
Ortodossi <0.3
Altri 0.3
Buddisti 0.7
Buddisti Zen <0.3
Buddisti Theravada <0.3
Buddisiti tibetani <0.3
Altri 0.3
Musulmani 0.6
Sunniti 0.3
Sciiti <0.3
Altri <0.3
Indù 0.4
Altre fedi 1.3
Unitari e altre fedi liberali 0.7
New Age 0.4
Religioni dei nativi americani. <0.3
Altre religioni mondiali <0.3
NON AFFILIATI 16.1
Non affiliati laici 6.3
Non affiliati ma con sentimento religioso 5.8
Agnostici 2.4
Atei 1.6
NON SA / NON RISPONDE 0.8
TOTALE 100
__________
QUALCHE CIFRA SULLA CHIESA CATTOLICA
Su 100 cattolici...
Bianchi 65
Latinos 29
Neri 2
Asiatici 2
Altri 2
Su 100 cattolici con più di 60 anni...
Bianchi 83
Latinos 15
Su 100 cattolici con meno di 40 anni...
Bianchi 48
Latinos 45
Su 100 cattolici...
Nati negli USA 76
Nati fuori 24
Su 100 cattolici nati fuori dagli USA...
52 dal Messico
30 da altri paesi dell'America Latina
6 dall'Europa Occidentale
5 dall'Asia dell'Est
2 dall'Europa Orientale
1 dall'Africa
4 da altri paesi
__________
Programma e documenti del prossimo viaggio di Benedetto XVI, nel
sito del Vaticano:
> Viaggio negli Stati Uniti e visita all'ONU, 15-21 aprile
2008
__________
Il viaggio papale nel sito della conferenza episcopale degli
Stati Uniti:
> Christ Our Hope
E nell'agenzia on line della conferenza, Catholic News Service:
> Visit to America