Svelato l’intrigo internazionale
del processo contro i Templari
Clemente V sospese, pur assolvendo,
l'Ordine per impedire lo scisma con la Francia
CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 25 ottobre 2007 (ZENIT.org).-
Il Pontefice Clemente V (1305-1314), pur assolvendo i Templari, ne
sospese l'Ordine con sentenza non definitiva per impedire uno scisma
con la Francia e salvare la Chiesa.
E' quanto ha detto questo giovedì intervenendo alla presentazione in
Vaticano del Processus Contra Templarios la prof.ssa Barbara
Frale, Officiale dell’Archivio Vaticano e già autrice di diversi
volumi sui Templari, l’ultimo dei quali edito da Il Mulino nel 2004.
La Frale ha spiegato che sui Templari è nata una quantità infinita
di leggende, favorite anche dalla grande perdita di documenti di un
processo che va dal 1307 al 1312: “Un intrigo internazionale, un
gioco di poteri dove si scontravano l’autorità della Chiesa e
l’autorità di alcuni sovrani”.
L’esperta ricercatrice ha sottolineato che i documenti presentati
nel volume Processus Contra Templarios “hanno una grande
importanza sul piano storico per una corretta rilettura del processo
proprio perché la storiografia nel corso del tempo si è lasciata
suggestionare, addirittura negando che i Templari avessero colpe di
qualunque tipo”.
Secondo le ricerche condotte dalla Frale, l’Ordine del Tempio “era
affetto da gravi mali anche se non si trattava di eresia” e i
documenti pubblicati “mostrano quella che fu la vera posizione di
Clemente V riguardo all’accusa mossa contro i Templari”.
E’ convinzione della prof.ssa che il Papa ha presieduto questa
inchiesta, personalmente, in ogni sua fase finchè non fu bloccato
dal Re di Francia, il quale aveva già estorto al Gran Maestro del
Tempio, frate Jacques de Molay, l’ammissione di colpevolezza.
Clemente V passò infatti in rassegna una per una le inchieste svolte
attribuendo particolare valore probatorio soprattutto a quella che
lui stesso aveva presieduto a Poitiers nell'estate del 1308, sulla
legalità della quale aveva vigilato di persona.
La Frale ha raccontato che “Clemente V era un grande giurista, un
uomo astuto, una personalità completamente diversa da quella che per
tanto tempo è stata descritta” e che, nonostante si trovasse in una
condizione di inferiorità assoluta negli equilibri di forze in campo
in quel tempo, “riuscì a compiere l’inchiesta sui Templari, proprio
perché era l’unica persona al mondo in grado di estendere il suo
giudizio su questo Ordine”.
L’assoluzione del Gran Maestro dei Templari arrivò dopo la
confessione di una serie di colpe e dopo che l’Ordine fece atto di
sottomissione alla Chiesa, chiedendo il perdono del Papa.
“E tutto questo – ha aggiunto la Frale – si trova nella pergamena
che venne redatta a seguito dell’inchiesta degli interrogatori nel
castello reale di Chinon”, dove Filippo il Bello aveva illecitamente
recluso l’ultimo Gran Maestro del Tempio ed alcuni alti dignitari
dell’Ordine.
Circa il ritrovamento di questa pergamena, avvenuto nel 2001, la
ricercatrice ha detto che “è sorprendente e incredibile che pur
essendo custodita con estrema cura all’interno dell’Archivio
Pontificio, fin dai tempi di Clemente V, pur essendo già segnalata
in catalogo del 1828 e in maniera più dettagliata in quello del
1912, gli studiosi, anche quelli di mestiere, l’avessero ignorata
per tanto tempo”.
Tra i motivi di questa non scoperta, la Frale ha spiegato che “ci
può essere stato un equivoco involontario, perché nel catalogo del
1828, la pergamena di Chinon era stata indicata come un inchiesta
nella diocesi di Tour in Francia, cioè una tra le tante inchieste
svolte nelle diverse diocesi della Francia”.
L’indizio che ha fatto riflettere la studiosa è che, passando in
rassegna l’inventario del 1912, nell’inchiesta figuravano tre
Cardinali plenipotenziari che formavano la speciale Commissione
apostolica ad inquirendum nominata da Clemente, il principale
dei quali, Bérenger Frédol, era il nipote del Papa, un grande
giurista, l’uomo più importante del Collegio cardinalizio, un uomo
che conosceva bene l’inquisizione e gli eretici.
“Come poteva un uomo di questa importanza lasciare la Curia romana e
andare in provincia, a condurre una inchiesta poco rilevante?”, si è
domandata la Frale.
“Com'è possibile che un Papa potesse acconsentire che un sovrano
laico distruggesse un pezzo della Chiesa di Roma per sottrargli i
beni da utilizzare in una guerra contro un altro sovrano cattolico,
il Re d’Inghilterra?”, si è chiesta ancora.
“Tutto questo era assolutamente impossibile, ma l’analisi delle
fonti ci ha portato a scoprire la verità”, ha affermato la Frale.
La pergamena di Chinon dimostra, insieme ad altre fonti coeve, che
Clemente V intendeva riformare radicalmente e salvare l’esistenza
dell’Ordine templare dandogli un ruolo nuovo, per poi fonderlo in un
istituto unico con l’altro grande Ordine religioso-militare degli
Ospitalieri.
L’atto di Chinon, che dichiara i Templari non prosciolti bensì
assolti, suscitò le reazioni della monarchia francese tanto da
costringere Clemente V all’ambiguo compromesso sancito nel 1312
durante il Concilio di Vienne, con la bolla Vox in excelso,
nella quale dichiarava che il processo non aveva comprovato l’accusa
di eresia ma solo l’indegnità e il malcostume diffusi fra molti
membri dell’ordine.
Pertanto sancì che fosse sospeso con sentenza non definitiva,
motivata dalla necessità di evitare un grave pericolo per la Chiesa.
Così, ha continuato la ricercatrice, “i Templari vennero sacrificati
per evitare uno scisma che avrebbe portato alla formazione di una
Chiesa di Francia staccata dalla sede di Roma”.
La Frale ha concluso sostenendo che “di fatto, Clemente V ha
sacrificato quello che restava dei Templari dopo sette anni di
processo per salvare la Chiesa”. |