I Templari
"sospesi" per evitare uno scisma
La rivelazione
- Il Vaticano
svela i retroscena del processo che portò al rogo dei cavalieri
nel 1314 - Il re di Francia minacciava di spaccare la Chiesa. E
il Papa cercò di salvare il salvabile
Caterina Maniaci - Libero 24/10/2007 Lo spettro di uno scisma, e ben due secoli prima di Martin Lutero e la sua riforma protestante. Per dissolverlo il papa Clemente V scioglie l'Ordine, ma il fumo dei roghi in cui agonizzano i Templari si leva ugualmente, roghi che il Pontefice non avrebbe mai voluto vedere.
Dopo ben settecento anni, la
Chiesa proclama la sua verità sulla fine dell'ordine dei
monaci-cavalieri medievali, uno dei misteri più affascinanti e
indagati della storia. Che riserva un colpo di scena, perché in
realtà il papa Clemente V non ha mai condannato i Templari. È
invece il re di Francia Filippo IV il Bello a "scavalcare" le
volontà papali e a metterli al rogo.
E il rogo che realmente segna
la distruzione dell'ordine è quello in cui muore il Gran Maestro
Jacques de Molay, a Parigi sull'isola della Senna presso Notre
Dame, il 18 marzo 1314. Per arrivare a quelle fiamme sinistre
Filippo il Bello sfida il Pontefice con la minaccia di uno
scisma. Che il re francese non vuole davvero provocare, poiché
il suo scopo recondito è mettere le mani sul tesoro dei
Templari. I quali, di fatto, hanno creato quel che si potrebbe
definire il primo sistema bancario globalizzato della storia e
possiedono intere casse di oro custodite nella Torre del Tempio
di Parigi.
Il tesoro nella Torre
Invece le casse del re sono praticamente vuote, visto che Filippo è impegnato a ricostituire l'autorità della Corona e a tenere gli inglesi lontani da Calais (bisogna ricordare che siamo agli inizi della terrificante Guerra dei Cent'anni). I cavalieri del Tempio commettono la fatale leggerezza di far conoscere l'entità della loro ricchezze al sovrano, facendogli così intravedere la possibilità di rimpinguare le consumate finanze. C'è un solo un modo di impadronirsi di quell'oro: eliminare, fisicamente e per sempre, i cavalieri.
Il documento
La pubblicazione straordinaria
presentata domani in Vaticano, ossia la Pergamena di
Chinon, è un documento che rivoluziona la storiografia
sul processo ai Templari. La carta è stato ritrovata
nell'Archivio Segreto Vaticano (dopo appunto sette secoli) dalla
studiosa Barbara Frale. È una pergamena di 70 centimetri per 58,
più o meno grande quanto una cartina geografica. La firmano i
tre membri della commissione d'inchiesta pontificia inviata a
Chinon a processare i vertici dell'Ordine, tutti cardinali:
Berenger Fredol, parente dello stesso Clemente V, Etienne de
Suisy e Landolfo Brancacci. È il giugno del 1308.
Il ricatto del re di
Francia
«Poiché vedemmo che il Gran Maestro era pentito di ciò che aveva fatto», scrivono i prelati, «e poiché i frati ne fecero richiesta, e rilasciarono le loro deposizioni con tale umiltà da meritare davvero la Misericordia di Dio, abbiamo concesso l'assoluzione nella forma consueta della Chiesa, restituendoli alla comunione dei fedeli e all'amministrazione dei sacramenti».
Già queste poche frasi
restituiscono un'immagine della Santa Sede dell'epoca certamente
diversa dalla vulgata plurisecolare sulla natura, i fini e la
conclusione del processo che portò de Molay e i suoi compagni a
morire sul rogo in quanto eretici in quel tragico giorno del
1314. Perché, secondo i documenti rinvenuti nell'Archivio
Segreto, il Pontefice non ha partecipato alla macchinazione
anti-templare. Anzi, l'ha subita in un primo tempo e ha tentato
di neutralizzarla poi, arrivando ad accordare l'assoluzione al
Gran Maestro ed ai suoi uomini. La sua volontà è piuttosto
quella di fondere l'Ordine del Tempio con quello ospedaliere di
San Giovanni.
Ma Filippo il Bello lo tiene
sotto schiaffo, esercita pressioni sempre più forti e butta sul
piatto la carta vincente: la minaccia di aprire uno scisma in
seno alla Chiesa. Avere una Francia scismatica avrebbe potuto
significare la devastazione della stessa cattolicità, già
afflitta dalla "Cattività avignonese", quel periodo tormentato
della storia della Chiesa in cui la sede papale si sposta da
Roma ad Avignone, originata dai violenti contrasti tra papa
Bonifacio VIII, Filippo il Bello e i cardinali, per la maggior
parte francesi.
Concretamente quali sono le
carte che ha in mano il re francese? Filippo afferma che
Bonifacio VIII (predecessore di Clemente V) aveva comprato la
sua elezione al soglio di Pietro nel 1294. Ladro, satanista e
simoniaco: dovrà essere pubblicamente processato, altrimenti
tutti i suoi atti pubblici - e la sua successione sul trono
dell'Apostolo - saranno da considerare nulli. In pratica, ecco
pronto lo scisma.
Dalle parole il re passa ai
fatti: il vescovo di Troyes viene fatto bruciare sul rogo con le
accuse di stregoneria, bestemmia ed eresia. Le stesse accuse
mosse ai Templari, insieme con quella di sodomia. Ne seguono la
persecuzione e le accuse ai monaci-cavalieri, la cattura e la
tortura dei capi, come de Molay, che prima sottoscrive tutte le
accuse mossegli, poi ritratta. Il Papa, però, cerca di salvare
il salvabile fino al 1311, quando non sopprime l'ordine ma lo
sospende. Questo non impedisce certo alla corona francese di
realizzare il suo progetto.
La leggenda
Ma dai roghi in cui muoiono i
Templari si leva il fumo di una leggenda che i secoli non hanno
indebolito. Anzi. Prova ne sia la letteratura di genere che
sforna best seller a getto continuo sul tema, culminata
con il successo planetario del "Codice da Vinci". Senza contare
che da quel fatale giorno del 1314 l'Ordine del Tempio, mai
realmente soppresso, potrebbe essere riportato in vita in ogni
momento. Ma solo una persona ha il potere di farlo: il Papa.
|