BRECCIA NEL MURO DELLA CENSURA CASTRISTA
A Cuba i blogger si fingono turisti stranieri
Navigano negli hotel dove il web non è controllato e pagano
sei dollari all’ora (metà stipendio per un cubano)
NEW YORK – «Generación Y è un blog ispirato a gente come me,
nata a Cuba negli anni 70 e 80 e segnata dai giocattoli russi,
le fughe illegali e la frustrazione» scrive Yoani Sánchez in
www.desdecuba.com/generaciony/, prima di tuffarsi in una
accorata critica di Fidel Castro e del suo regime che «non
capiscono nulla dei nostri problemi». In
www.havanascity.blogspot.com/ Tension Lia si affida alle
immagini, più che alle parole, per denunciare il profondo
degrado dei tesori architettonici dell’Avana, un tempo il
gioiello dei Carabi.
Yoani e Tension Lia sono la punta di diamante di un fenomeno in
crescita a Cuba: i blogger indipendenti che si sono scavati una
breccia nel muro censorio del regime castrista, riuscendo a
trasmettere al mondo una versione quotidiana realista e
incensurata della vita sotto Fidel. Un’impresa tutt’altro che
facile nell’isola votata da Reporters sans Frontières
«uno dei 13 Paesi nemici di Internet» - insieme, tra l’altro, a
Cina, Arabia Saudita, Iran e Siria - , perché in vario modo
tiranneggiano gli utenti Internet e reprimono la libertà di
espressione online.
WEB AL BANDO - Per aggirare il Grande Fratello, la
Sanchez si camuffa da turista, finge un accento tedesco e si
infila nella hall degli sfarzosi alberghi della capitale. Poi si
siede ai tavoli riservati agli stranieri e sborsa sei dollari
all’ora – due settimane di stipendio medio per un cubano – per
una connessione Internet non controllata che le consente di
accedere al suo sito, rigorosamente ospitato da server esterni.
I netizen che raggiunge col suo Generaciòn Y sono quasi tutti
fuori Cuba. Non una sorpresa per un paese dove soltanto 200mila
degli oltre 11 milioni di cittadini hanno accesso al World Wide
Web: il numero più basso di tutta l’America Latina. Il governo
dell’Avana ha praticamente messo al bando le connessioni
Internet private e i cubani sono costretti a recarsi agli
Internet point pubblici situati negli uffici postali, dove le
attività online possono essere monitorate più facilmente.
«Abbiamo un accesso limitato alla rete per colpa dell’embargo
Usa contro l’isola», ripete da anni il governo cubano. Che non
potendosi collegarsi alla dorsale sottomarina in fibra ottica
che corre dodici miglia al largo dei cayos di Cuba, è costretto
ad usare i ben più costosi collegamenti satellitari che
l’allacciano al Web via Canada, Cile e Brasile.
I DISSIDENTI: «TUTTE SCUSE» - Ma secondo i dissidenti è
tutta una scusa per mantenere il controllo totale sulla rete,
attraverso software che avvertono la polizia qualora rilevi
parole-chiave «sovversive». Il regime si adopera da anni perché
giornalisti indipendenti e dissidenti non abbiano accesso ad
Internet: per loro comunicare con l'estero è a dir poco
rischioso. Scrivere articoli controrivoluzionari su siti esteri
può portare in carcere per 20 anni. E cinque anni sono previsti
per chi si collega ad Internet illegalmente. Ciò spiega come mai
la maggior parte dei blogger è costretta a usare pseudonimi o a
scrivere coperta dall’anonimato.