Lettera del Papa ai cattolici cinesi
CITTA’ DEL
VATICANO, sabato, 30 giugno 2007 (ZENIT.org).-
Pubblichiamo di seguito la “Lettera del Santo Padre Benedetto XVI ai
Vescovi, ai presbiteri, alle persone consacrate e ai fedeli laici
della Chiesa cattolica nella Repubblica Popolare Cinese”, diffusa
questo sabato dalla Sala Stampa della Santa Sede.
* * *
LETTERA DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
AI VESCOVI, AI PRESBITERI
ALLE PERSONE CONSACRATE
E AI FEDELI LAICI
DELLA CHIESA CATTOLICA
NELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE
Saluto
1. Venerati confratelli Vescovi, carissimi presbiteri, persone
consacrate e fedeli tutti della Chiesa cattolica in Cina, « noi
rendiamo continuamente grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù
Cristo, nelle nostre preghiere per voi, per le notizie ricevute
circa la vostra fede in Cristo Gesù, e la carità che avete verso
tutti i santi, in vista della speranza che vi attende nei cieli.
[...] Non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate una
piena conoscenza della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza
spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del
Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona
e crescendo nella conoscenza di Dio; rafforzandovi con ogni energia
secondo la sua gloriosa potenza per poter essere forti e pazienti in
tutto » (Col 1, 3-5.9-11).
Queste parole dell'Apostolo Paolo sono quanto mai appropriate per
dare voce ai sentimenti che, come Successore di Pietro e Pastore
universale della Chiesa, nutro nei vostri confronti. Voi sapete bene
quanto siete presenti nel mio cuore e nella mia preghiera quotidiana
e quanto è profondo il rapporto di comunione che ci unisce
spiritualmente.
Scopo della Lettera
2. Desidero, pertanto, far giungere a tutti voi le espressioni della
mia fraterna vicinanza. Intensa è la gioia per la vostra fedeltà a
Cristo Signore e alla Chiesa, fedeltà che avete manifestato « a
volte anche a prezzo di gravi sofferenze »,1 poiché « per
Cristo vi è stato dato il dono non solo di credere in lui, ma anche
di patire per lui » (Fil 1, 29). Tuttavia, non manca la
preoccupazione per alcuni importanti aspetti della vita ecclesiale
nel vostro Paese.
Senza pretendere di trattare ogni particolare di complesse
problematiche da voi ben conosciute, con questa Lettera vorrei
offrire alcuni orientamenti in merito alla vita della Chiesa e
all'opera di evangelizzazione in Cina, per aiutarvi a scoprire ciò
che da voi vuole il Signore e Maestro, Gesù Cristo, « la chiave, il
centro e il fine di tutta la storia umana ».2
PRIMA PARTE
SITUAZIONE DELLA CHIESA
ASPETTI TEOLOGICI
Globalizzazione,
modernità e ateismo
3. Volgendo un attento sguardo al vostro Popolo, che si è distinto
fra gli altri popoli dell'Asia per lo splendore della sua millenaria
civiltà, con tutta la sua esperienza sapienziale, filosofica,
scientifica e artistica, mi piace rilevare come, specialmente negli
ultimi tempi, esso si sia anche proiettato verso il raggiungimento
di significative mete di progresso economico-sociale, attirando
l'interesse del mondo intero.
Come già sottolineava il mio venerato Predecessore, il Papa Giovanni
Paolo II, anche « la Chiesa cattolica, da parte sua, guarda con
rispetto a questo sorprendente slancio e a questa lungimirante
progettazione di iniziative ed offre con discrezione il proprio
contributo nella promozione e nella difesa della persona umana, dei
suoi valori, della sua spiritualità e della sua vocazione
trascendente. Alla Chiesa stanno particolarmente a cuore valori ed
obiettivi che sono di primaria importanza anche per la Cina moderna:
la solidarietà, la pace, la giustizia sociale, il governo
intelligente del fenomeno della globalizzazione ».3
La tensione verso il desiderato e necessario sviluppo economico e
sociale, e la ricerca di modernità sono accompagnate da due fenomeni
diversi e contrapposti ma da valutare ugualmente con prudenza e con
positivo spirito apostolico. Da una parte, si nota, specie tra i
giovani, un crescente interesse per la dimensione spirituale e
trascendente della persona umana, con il conseguente interesse per
la religione, particolarmente per il cristianesimo. Dall'altra
parte, si avverte, anche in Cina, la tendenza al materialismo e
all'edonismo, che dalle grandi città si stanno diffondendo
all'interno del Paese.4
In questo contesto, in cui siete
chiamati ad operare, desidero ricordarvi quanto il Papa Giovanni
Paolo II ha sottolineato con voce forte e vigorosa: la nuova
evangelizzazione esige l'annuncio del Vangelo5 all'uomo
moderno, con la consapevolezza che, come durante il primo millennio
cristiano la Croce fu piantata in Europa e durante il secondo in
America e in Africa, così durante il terzo millennio una grande
messe di fede sarà raccolta nel vasto e vitale continente asiatico.6
« “Duc in altum” (Lc 5, 4). Questa parola risuona oggi per noi, e ci
invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il
presente, ad aprirci con fiducia al futuro: “Gesù Cristo è lo
stesso, ieri, oggi e sempre!” (Eb 13, 8) ».7 Anche in
Cina la Chiesa è chiamata ad essere testimone di Cristo, a guardare
in avanti con speranza e a misurarsi — nell'annuncio del Vangelo —
con le nuove sfide che il Popolo cinese deve affrontare.
La Parola di Dio ci aiuta, ancora una volta, a scoprire il senso
misterioso e profondo del cammino della Chiesa nel mondo. Infatti, «
una delle principali visioni dell'Apocalisse ha per oggetto
[l']Agnello nell'atto di aprire un libro, prima chiuso con sette
sigilli che nessuno era in grado di sciogliere. Giovanni è
addirittura presentato nell'atto di piangere, perché non si trovava
nessuno degno di aprire il libro e di leggerlo (cfr Ap 5, 4). La
storia rimane indecifrabile, incomprensibile. Nessuno può leggerla.
Forse questo pianto di Giovanni davanti al mistero della storia così
oscuro esprime lo sconcerto delle Chiese asiatiche per il silenzio
di Dio di fronte alle persecuzioni a cui erano esposte in quel
momento. È uno sconcerto nel quale può ben riflettersi il nostro
sbigottimento di fronte alle gravi difficoltà, incomprensioni e
ostilità che pure oggi la Chiesa soffre in varie parti del mondo.
Sono sofferenze che la Chiesa certo non si merita, così come Gesù
stesso non meritò il suo supplizio. Esse però rivelano sia la
malvagità dell'uomo, quando si abbandona alle suggestioni del male,
sia la superiore conduzione degli avvenimenti da parte di Dio ».8
Oggi, come ieri, annunciare il Vangelo significa annunciare e
testimoniare Gesù Cristo crocifisso e risorto, l'Uomo nuovo,
vincitore del peccato e della morte. Egli permette agli esseri umani
di entrare in una nuova dimensione, dove la misericordia e l'amore
rivolto anche al nemico testimoniano la vittoria della Croce su ogni
debolezza e miseria umana. Anche nel vostro Paese, l'annuncio di
Cristo crocifisso e risorto sarà possibile nella misura in cui con
fedeltà al Vangelo, nella comunione con il Successore dell'Apostolo
Pietro e con la Chiesa universale, saprete realizzare i segni
dell'amore e dell'unità (« come io vi ho amato, così amatevi anche
voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei
discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. [...] Come tu,
Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola,
perché il mondo creda che tu mi hai mandato »: Gv 13, 34-35; 17,
21).
Disponibilità a un
dialogo rispettoso e costruttivo
4. Come Pastore universale della Chiesa, desidero manifestare viva
riconoscenza al Signore per la sofferta testimonianza di fedeltà,
offerta dalla comunità cattolica cinese in circostanze veramente
difficili. Nello stesso tempo sento, come mio intimo ed
irrinunciabile dovere e come espressione del mio amore di padre,
l'urgenza di confermare nella fede i cattolici cinesi e di favorire
la loro unità con i mezzi che sono propri della Chiesa.
Seguo con particolare interesse anche le vicende di tutto il Popolo
cinese, verso il quale nutro un vivo apprezzamento e sentimenti di
amicizia, sino a formulare l'auspicio « di vedere presto instaurate
vie concrete di comunicazione e di collaborazione fra la Santa Sede
e la Repubblica Popolare Cinese », poiché « l'amicizia si nutre di
contatti, di condivisione di sentimenti nelle situazioni liete e
tristi, di solidarietà, di scambio di aiuto ».9 Ed è in
tale prospettiva che il mio venerato Predecessore aggiungeva: « Non
è un mistero per nessuno che la Santa Sede, a nome dell'intera
Chiesa cattolica e — credo — a vantaggio di tutta l'umanità, auspica
l'apertura di uno spazio di dialogo con le Autorità della Repubblica
Popolare Cinese, in cui, superate le incomprensioni del passato, si
possa lavorare insieme per il bene del Popolo cinese e per la pace
nel mondo ».10
Sono consapevole che la normalizzazione dei rapporti con la
Repubblica Popolare Cinese richiede tempo e presuppone la buona
volontà delle due Parti. Dal canto suo, la Santa Sede rimane sempre
aperta alle trattative, necessarie per superare il difficile momento
presente.
Questa pesante situazione di malintesi e di incomprensione, infatti,
non giova né alle Autorità cinesi né alla Chiesa cattolica in Cina.
Come ha dichiarato il Papa Giovanni Paolo II ricordando quanto padre
Matteo Ricci scriveva da Pechino,11 « anche la Chiesa
cattolica di oggi non chiede alla Cina e alle sue Autorità politiche
nessun privilegio, ma unicamente di poter riprendere il dialogo, per
giungere a una relazione intessuta di reciproco rispetto e di
approfondita conoscenza ».12 Lo sappia la Cina: la Chiesa
cattolica ha il vivo proposito di offrire, ancora una volta, un
umile e disinteressato servizio, in ciò che le compete, per il bene
dei cattolici cinesi e per quello di tutti gli abitanti del Paese.
Per quanto concerne poi i rapporti tra la comunità politica e la
Chiesa in Cina, giova ricordare l'illuminante insegnamento del
Concilio Vaticano II che dichiara: « La Chiesa, che, in ragione del
suo ufficio e della sua competenza, non si identifica in nessun modo
con la comunità politica e non è legata a nessun sistema politico, è
ad un tempo segno e tutela della trascendenza della persona umana ».
E così continua: « Nel proprio campo, la comunità politica e la
Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra. Però tutte e
due, sebbene a titolo diverso, sono al servizio della vocazione
personale e sociale dei medesimi uomini. Esse svolgeranno questo
loro servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace
quanto meglio entrambe coltivano una sana collaborazione tra di
loro, considerando anche le circostanze di luogo e di tempo ».13
Pertanto, anche la Chiesa cattolica che è in Cina ha la missione non
di cambiare la struttura o l'amministrazione dello Stato, bensì di
annunziare agli uomini il Cristo, Salvatore del mondo, appoggiandosi
— nel compimento del proprio apostolato — sulla potenza di Dio. Come
ricordavo nella mia Enciclica Deus caritas est, « la Chiesa non può
e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per
realizzare la società più giusta possibile. Non può e non deve
mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare
ai margini nella lotta per la giustizia. Deve inserirsi in essa per
la via dell'argomentazione razionale e deve risvegliare le forze
spirituali, senza le quali la giustizia, che sempre richiede anche
rinunce, non può affermarsi e prosperare. La società giusta non può
essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica.
Tuttavia l'adoperarsi per la giustizia lavorando per l'apertura
dell'intelligenza e della volontà alle esigenze del bene la
interessa profondamente ».14
Alla luce di questi irrinunciabili principi, la soluzione dei
problemi esistenti non può essere perseguita attraverso un
permanente conflitto con le legittime Autorità civili; nello stesso
tempo, però, non è accettabile un'arrendevolezza alle medesime
quando esse interferiscano indebitamente in materie che riguardano
la fede e la disciplina della Chiesa. Le Autorità civili sono ben
consapevoli che la Chiesa, nel suo insegnamento, invita i fedeli ad
essere buoni cittadini, collaboratori rispettosi e attivi del bene
comune nel loro Paese, ma è altresì chiaro che essa chiede allo
Stato di garantire ai medesimi cittadini cattolici il pieno
esercizio della loro fede, nel rispetto di un'autentica libertà
religiosa.
Comunione tra le
Chiese particolari nella Chiesa universale
5. Chiesa cattolica in Cina, piccolo gregge presente ed operante
nella vastità di un immenso Popolo che cammina nella storia, come
risuonano incoraggianti e provocanti per te le parole di Gesù: « Non
temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi
il suo regno » (Lc 12, 32)! « Voi siete il sale della terra, [...]
la luce del mondo »: perciò « risplenda la vostra luce davanti agli
uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al
vostro Padre che è nei cieli » (Mt 5, 13.14.16).
Nella Chiesa cattolica che è in Cina si fa presente la Chiesa
universale, la Chiesa di Cristo, che nel Simbolo confessiamo una,
santa, cattolica ed apostolica, vale a dire l'universale comunità
dei discepoli del Signore.
Come voi sapete, la profonda unità, che lega fra di loro le Chiese
particolari esistenti in Cina e che le pone in intima comunione
anche con tutte le altre Chiese particolari sparse per il mondo, è
radicata, oltre che nella stessa fede e nel comune Battesimo,
soprattutto nell'Eucaristia e nell'Episcopato.15 E
l'unità dell'Episcopato, di cui « il Romano Pontefice, quale
successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e
fondamento »,16 continua lungo i secoli mediante la
successione apostolica ed è fondamento anche dell'identità della
Chiesa di ogni tempo con la Chiesa edificata da Cristo su Pietro e
sugli altri Apostoli.17
La dottrina cattolica insegna che il Vescovo è principio e
fondamento visibile dell'unità nella Chiesa particolare, affidata al
suo ministero pastorale.18 Ma in ogni Chiesa particolare,
affinché essa sia pienamente Chiesa, deve essere presente la suprema
autorità della Chiesa, vale a dire il Collegio episcopale insieme
con il suo Capo il Romano Pontefice, e mai senza di esso. Pertanto
il ministero del Successore di Pietro appartiene all'essenza di ogni
Chiesa particolare dal « di dentro ».19 Inoltre, la
comunione di tutte le Chiese particolari nell'unica Chiesa cattolica
e, quindi, l'ordinata comunione gerarchica di tutti i Vescovi,
successori degli Apostoli, con il Successore di Pietro, sono
garanzia dell'unità della fede e della vita di tutti i cattolici. È
perciò indispensabile, per l'unità della Chiesa nelle singole
nazioni, che ogni Vescovo sia in comunione con gli altri Vescovi, e
che tutti siano in comunione visibile e concreta con il Papa.
Nessuno nella Chiesa è straniero, ma tutti sono cittadini dello
stesso Popolo, membri dello stesso Corpo Mistico di Cristo. Vincolo
di comunione sacramentale è l'Eucaristia, garantita dal ministero
dei Vescovi e dei presbiteri.20
Tutta la Chiesa che è in Cina è chiamata a vivere e a manifestare
questa unità in una più ricca spiritualità di comunione, che,
tenendo conto delle complesse situazioni concrete in cui la comunità
cattolica si trova, cresca anche in un'armonica comunione
gerarchica. Pertanto, Pastori e fedeli sono chiamati a difendere e a
salvaguardare ciò che appartiene alla dottrina e alla tradizione
della Chiesa.
Tensioni e divisioni
all'interno della Chiesa: perdono e riconciliazione
6. Rivolgendosi a tutta la Chiesa con la Lettera Apostolica Novo
millennio ineunte, il mio venerato Predecessore, il Papa Giovanni
Paolo II, affermava che un « grande ambito in cui occorrerà
esprimere un deciso impegno programmatico, a livello di Chiesa
universale e di Chiese particolari, [è] quello della comunione
(koinonía) che incarna e manifesta l'essenza stessa del mistero
della Chiesa. La comunione è il frutto e la manifestazione di
quell'amore che, sgorgando dal cuore dell'eterno Padre, si riversa
in noi attraverso lo Spirito che Gesù ci dona (cfr Rm 5, 5), per
fare di tutti noi “un cuore solo e un'anima sola” (At 4, 32). È
realizzando questa comunione di amore che la Chiesa si manifesta
come “sacramento”, ossia “segno e strumento dell'intima unione con
Dio e dell'unità di tutto il genere umano”. Le parole del Signore, a
questo proposito, sono troppo precise per poterne ridurre la
portata. Tante cose, anche nel nuovo secolo, saranno necessarie per
il cammino storico della Chiesa; ma se mancherà la carità (agape),
tutto sarà inutile. È lo stesso apostolo Paolo a ricordarcelo
nell'inno alla carità: se anche parlassimo le lingue degli uomini e
degli angeli, e avessimo una fede “da trasportare le montagne”, ma
poi mancassimo della carità, tutto sarebbe “nulla” (cfr 1 Cor 13,
2). La carità è davvero il “cuore” della Chiesa ».21
Queste indicazioni, che riguardano la natura stessa della Chiesa
universale, hanno un particolare significato per la Chiesa che è in
Cina. A voi, infatti, non sfuggono i problemi, che essa sta
affrontando per superare — al suo interno e nei suoi rapporti con la
società civile cinese — tensioni, divisioni e recriminazioni.
A questo proposito, già l'anno scorso, parlando della Chiesa
nascente, ebbi modo di ricordare che « la comunità dei discepoli
conosce fin dagli inizi non solo la gioia dello Spirito Santo, la
grazia della verità e dell'amore, ma anche la prova, costituita
soprattutto dai contrasti circa le verità di fede, con le
conseguenti lacerazioni della comunione. Come la comunione
dell'amore esiste sin dall'inizio e vi sarà fino alla fine (cfr 1 Gv
1, 1ss), così purtroppo fin dall'inizio subentra anche la divisione.
Non dobbiamo meravigliarci che essa esista anche oggi [...]. Quindi
c'è sempre il pericolo, nelle vicende del mondo e anche nelle
debolezze della Chiesa, di perdere la fede, e così anche di perdere
l'amore e la fraternità. È quindi un preciso dovere di chi crede
alla Chiesa dell'amore e vuol vivere in essa, riconoscere anche
questo pericolo ».22
La storia della Chiesa ci insegna, poi, che non si esprime
un'autentica comunione senza un travagliato sforzo di
riconciliazione.23 Infatti, la purificazione della
memoria, il perdono di chi ha fatto del male, la dimenticanza dei
torti subiti e la rappacificazione dei cuori nell'amore, da
realizzare nel nome di Gesù crocifisso e risorto, possono esigere il
superamento di posizioni o visioni personali, nate da esperienze
dolorose o difficili, ma sono passi urgenti da compiere per
accrescere e manifestare i legami di comunione tra i fedeli e i
Pastori della Chiesa in Cina.
Perciò, già il mio venerato Predecessore vi aveva rivolto, a più
riprese, un pressante invito al perdono e alla riconciliazione. Al
riguardo, mi piace richiamare un passo del messaggio che egli vi
inviò all'approssimarsi dell'Anno Santo del 2000: « Preparandovi
alla celebrazione del Grande Giubileo, ricordate che nella
tradizione biblica un tale momento ha sempre portato con sé
l'obbligo di condonare i debiti gli uni agli altri, di riparare le
ingiustizie commesse e di riconciliarsi con il vicino. Anche a voi è
stata annunciata la “grande gioia preparata per tutti i popoli”:
l'amore e la misericordia del Padre, la Redenzione operata in
Cristo. Nella misura in cui voi stessi sarete disponibili ad
accettare tale gioioso annuncio, potrete trasmetterlo, con la vostra
vita, a tutti gli uomini e le donne che vi sono accanto. E il mio
desiderio più ardente è che assecondiate gli interiori suggerimenti
dello Spirito Santo perdonandovi gli uni gli altri tutto ciò che
deve essere perdonato, avvicinandovi l'uno all'altro, accettandovi
reciprocamente, superando le barriere per andare al di là di tutto
ciò che può dividervi. Non dimenticate la parola di Gesù durante
l'Ultima Cena: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli,
se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 35). Ho appreso con
gioia che volete offrire, come dono più prezioso per la celebrazione
del Grande Giubileo, l'unità tra di voi e con il Successore di
Pietro. Un tale proposito non può che essere frutto dello Spirito,
che conduce la Sua Chiesa sui non facili cammini della
riconciliazione e dell'unità ».24
Tutti siamo consapevoli del fatto che questo cammino non potrà
compiersi dall'oggi al domani, ma siate certi che la Chiesa intera
eleverà un'insistente preghiera per voi a tale scopo.
Tenete inoltre presente che il vostro cammino di riconciliazione è
sostenuto dall'esempio e dalla preghiera di tanti « testimoni della
fede » che hanno sofferto e hanno perdonato, offrendo la loro vita
per l'avvenire della Chiesa cattolica in Cina. La loro stessa
esistenza rappresenta una permanente benedizione per voi presso il
Padre celeste e la loro memoria non mancherà di produrre frutti
abbondanti.
Comunità ecclesiali e
organismi statali: rapporti da vivere nella verità e nella carità
7. Un'attenta analisi della già menzionata dolorosa situazione di
forti contrasti (cfr n. 6), che vede coinvolti fedeli laici e
Pastori, mette in evidenza, tra le varie cause, il ruolo
significativo svolto da organismi, che sono stati imposti come
principali responsabili della vita della comunità cattolica. Ancora
oggi, infatti, il riconoscimento da parte di detti organismi è il
criterio per dichiarare una comunità, una persona o un luogo
religioso, legali e quindi « ufficiali ». Tutto questo ha causato
divisioni sia tra il clero sia tra i fedeli. È una situazione, che
dipende soprattutto da fattori esterni alla Chiesa, ma che ne ha
condizionato seriamente il cammino, dando adito anche a sospetti,
accuse reciproche e denunce, e che continua ad essere una sua
preoccupante debolezza.
Per quanto riguarda la delicata questione dei rapporti da
intrattenere con gli organismi dello Stato, è particolarmente
illuminante l'invito del Concilio Vaticano II a seguire la parola e
il modo di agire di Gesù Cristo. Egli infatti, « non volendo essere
un messia politico e dominatore con la forza,25 preferì
chiamarsi Figlio dell'Uomo, venuto “per servire e dare la propria
vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45). Si presentò come il
perfetto Servo di Dio,26 che “non spezzerà la canna
infranta e non spegnerà il lucignolo fumigante” (Mt 12, 20).
Riconobbe l'autorità civile e i suoi diritti, comandando di pagare
il tributo a Cesare; ammonì però chiaramente che vanno rispettati i
superiori diritti di Dio: “Rendete dunque a Cesare quello che è di
Cesare, e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22, 21). Infine completò la
sua rivelazione consumando sulla croce l'opera della redenzione, con
la quale meritare agli uomini la salvezza e la vera libertà. Rese
testimonianza alla verità,27 ma non volle imporla con la
forza ai contestatori. Il suo Regno non si difende con la spada,28
ma si stabilisce testimoniando ed ascoltando la Verità, e si dilata
con l'amore, con il quale Cristo, esaltato sulla Croce, attira a sé
gli uomini (cfr Gv 12, 32) ».29
Verità e amore sono le due colonne portanti della vita della
comunità cristiana. Per questo motivo ricordavo che « la Chiesa
dell'amore è anche la Chiesa della verità, intesa anzitutto come
fedeltà al Vangelo affidato dal Signore Gesù ai suoi. [...] Ma la
famiglia dei figli di Dio, per vivere nell'unità e nella pace, ha
bisogno di chi la custodisca nella verità e la guidi con
discernimento sapiente e autorevole: è ciò che è chiamato a fare il
ministero degli Apostoli. E qui arriviamo ad un punto importante. La
Chiesa è tutta dello Spirito, ma ha una struttura, la successione
apostolica, cui spetta la responsabilità di garantire il permanere
della Chiesa nella verità donata da Cristo, dalla quale viene anche
la capacità dell'amore. [...] Gli Apostoli e i loro successori sono
pertanto i custodi e i testimoni autorevoli del deposito della
verità consegnato alla Chiesa, come sono anche i ministri della
carità: due aspetti che vanno insieme. [...] La verità e l'amore
sono due volti dello stesso dono, che viene da Dio e che grazie al
ministero apostolico è custodito nella Chiesa e ci raggiunge fino al
nostro presente! ».30
Perciò il Concilio Vaticano II sottolinea che « il rispetto e
l'amore devono estendersi anche a coloro che pensano o agiscono
diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e persino
religiose, poiché quanto più con onestà e carità saremo intimamente
comprensivi verso il loro modo di pensare, tanto più facilmente
potremo instaurare il dialogo con loro ». Ma, ci ammonisce il
medesimo Concilio, « questa carità e amabilità non devono in alcun
modo renderci indifferenti verso la verità e il bene ».31
Considerando « il disegno originario di Gesù »,32 risulta
evidente che la pretesa di alcuni organismi, voluti dallo Stato ed
estranei alla struttura della Chiesa, di porsi al di sopra dei
Vescovi stessi e di guidare la vita della comunità ecclesiale, non
corrisponde alla dottrina cattolica, secondo la quale la Chiesa è «
apostolica », come ha ribadito anche il Concilio Vaticano II. La
Chiesa è apostolica « per la sua origine, essendo costruita sul
“fondamento degli Apostoli” (Ef 2, 20); per il suo insegnamento, che
è quello stesso degli Apostoli; per la sua struttura, in quanto
istruita, santificata e governata, fino al ritorno di Cristo, dagli
Apostoli, grazie ai loro successori, i Vescovi, in comunione con il
successore di Pietro ».33 Pertanto, in ogni singola
Chiesa particolare, solo « il Vescovo diocesano pasce nel nome del
Signore il gregge a lui affidato come Pastore proprio, ordinario e
immediato »34 e, a livello nazionale, soltanto una
legittima Conferenza Episcopale può formulare orientamenti
pastorali, validi per l'intera comunità cattolica del Paese
interessato.35
Anche la dichiarata finalità dei suddetti organismi di attuare « i
principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione
democratica della Chiesa »,36 è inconciliabile con la
dottrina cattolica, che fin dagli antichi Simboli di fede professa
la Chiesa « una, santa, cattolica e apostolica ».
Alla luce dei principi suesposti, i Pastori e i fedeli laici
ricorderanno che la predicazione del Vangelo, la catechesi e l'opera
caritativa, l'azione liturgica e cultuale, nonché tutte le scelte
pastorali, competono unicamente ai Vescovi insieme con i loro
sacerdoti nella continuità permanente della fede, trasmessa dagli
Apostoli nelle Sacre Scritture e nella Tradizione, e perciò non
possono essere soggette a nessuna interferenza esterna.
Attesa tale difficile situazione, non pochi membri della comunità
cattolica si domandano se il riconoscimento da parte delle Autorità
civili — necessario per operare pubblicamente — comprometta in
qualche modo la comunione con la Chiesa universale. So bene che
questa problematica inquieta dolorosamente il cuore dei Pastori e
dei fedeli. Al riguardo ritengo, in primo luogo, che la doverosa e
strenua salvaguardia del deposito della fede e della comunione
sacramentale e gerarchica non si opponga, di per sé, al dialogo con
le Autorità circa quegli aspetti della vita della comunità
ecclesiale che ricadono nell'ambito civile. Non si vedono poi
particolari difficoltà per l'accettazione del riconoscimento
concesso dalle Autorità civili, a condizione che esso non comporti
la negazione di principi irrinunciabili della fede e della comunione
ecclesiastica. In non pochi casi concreti, però, se non quasi
sempre, nella procedura di riconoscimento intervengono organismi che
obbligano le persone coinvolte ad assumere atteggiamenti, a porre
gesti e a prendere impegni che sono contrari ai dettami della loro
coscienza di cattolici. Comprendo, perciò, come in tali varie
condizioni e circostanze sia difficile determinare la scelta
corretta da fare. Per questo motivo la Santa Sede, dopo avere
riaffermato i principi, lascia la decisione al singolo Vescovo che,
sentito il suo presbiterio, è meglio in grado di conoscere la
situazione locale, di soppesare le concrete possibilità di scelta e
di valutare le eventuali conseguenze all'interno della comunità
diocesana. Potrebbe darsi che la decisione finale non incontri il
consenso di tutti i sacerdoti e i fedeli. Mi auguro, tuttavia, che
essa venga accolta, anche se con sofferenza, e che si mantenga
l'unità della comunità diocesana col proprio Pastore.
Sarà bene, infine, che Vescovi e presbiteri, con vero cuore di
pastori, si adoperino in tutti i modi per non dare adito a
situazioni di scandalo, cogliendo le occasioni per formare la
coscienza dei fedeli, con particolare attenzione ai più deboli: il
tutto sarà vissuto nella comunione e nella comprensione fraterna,
evitando giudizi e condanne reciproche. Anche in questo caso si deve
tener presente che, specialmente in assenza di un vero spazio di
libertà, per valutare la moralità di un atto occorre conoscere con
particolare cura le reali intenzioni della persona interessata,
oltre alla mancanza oggettiva. Ogni caso dovrà essere, quindi,
vagliato singolarmente, tenendo conto delle circostanze.
L'Episcopato cinese
8. Nella Chiesa, Popolo di Dio, solo ai sacri ministri, debitamente
ordinati dopo un'adeguata istruzione e formazione, spetta
l'esercizio dell'ufficio di « insegnare, santificare e governare ».
Fedeli laici possono, con la missione canonica da parte del Vescovo,
svolgere un utile ministero ecclesiale di trasmissione della fede.
Negli anni recenti, per varie cause, voi, Fratelli nell'episcopato,
avete incontrato difficoltà, poiché persone non « ordinate », e a
volte anche non battezzate, controllano e prendono decisioni circa
importanti questioni ecclesiali, inclusa la nomina dei Vescovi, in
nome di vari organismi statali. Di conseguenza, si è assistito a uno
svilimento dei ministeri petrino ed episcopale in forza di una
visione della Chiesa, secondo la quale il Sommo Pontefice, i Vescovi
e i sacerdoti, rischiano di diventare di fatto persone senza ufficio
e senza potere. Invece, come si diceva, i ministeri petrino ed
episcopale sono elementi essenziali e integrali della dottrina
cattolica sulla struttura sacramentale della Chiesa. Questa natura
della Chiesa è un dono del Signore Gesù, perché « è lui che ha
stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come
evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i
fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di
Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della
conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella
misura che conviene alla piena maturità di Cristo » (Ef 4, 11-13).
La comunione e l'unità — mi sia consentito di ripeterlo (cfr n. 5) —
sono elementi essenziali e integrali della Chiesa cattolica:
pertanto il progetto di una Chiesa « indipendente », in ambito
religioso, dalla Santa Sede è incompatibile con la dottrina
cattolica.
Sono consapevole delle gravi difficoltà, alle quali dovete far
fronte nella suddetta situazione per mantenervi fedeli a Cristo,
alla sua Chiesa e al Successore di Pietro. Ricordandovi che — come
già affermava san Paolo (cfr Rm 8, 35-39) — nessuna difficoltà può
separarci dall'amore di Cristo, nutro la fiducia che saprete fare
tutto il possibile, confidando nella grazia del Signore, per
salvaguardare l'unità e la comunione ecclesiale anche a costo di
grandi sacrifici.
Molti membri dell'Episcopato cinese, che in questi ultimi decenni
hanno guidato la Chiesa, hanno offerto, e offrono, alle proprie
comunità e alla Chiesa universale una luminosa testimonianza. Ancora
una volta, sgorga dal cuore un inno di lode e di ringraziamento al «
Pastore supremo » del gregge (1 Pt 5, 4): non si può infatti
dimenticare che molti di loro hanno subito la persecuzione e sono
stati impediti nell'esercizio del loro ministero, e alcuni di loro
hanno reso feconda la Chiesa con l'effusione del proprio sangue. I
nuovi tempi e la conseguente sfida della nuova evangelizzazione
pongono in risalto la funzione del ministero episcopale. Come diceva
Giovanni Paolo II ai Pastori di ogni parte del mondo convenuti a
Roma per la celebrazione del Giubileo, « il Pastore è il primo
responsabile e animatore della comunità ecclesiale sia nell'esigenza
di comunione che nella proiezione missionaria. Di fronte al
relativismo e al soggettivismo che inquinano tanta parte della
cultura contemporanea, i Vescovi sono chiamati a difendere e
promuovere l'unità dottrinale dei loro fedeli. Solleciti per ogni
situazione in cui la fede è smarrita o ignorata, essi si adoperano
con tutte le forze in favore dell'evangelizzazione, preparando a tal
fine sacerdoti, religiosi e laici e mettendo a disposizione le
necessarie risorse ».37
Nella medesima occasione il mio venerato Predecessore ricordava che
« il Vescovo, successore degli Apostoli, è uno per il quale Cristo è
tutto. Con Paolo egli può ripetere ogni giorno: “Per me vivere è
Cristo... (Fil 1, 21)”. Questo egli deve testimoniare con tutto il
suo comportamento. Il Concilio Vaticano II insegna: “I Vescovi
devono compiere il loro dovere apostolico come testimoni di Cristo
davanti a tutti gli uomini” (Decr. Christus Dominus, 11) ».38
Riguardo poi al servizio episcopale, colgo l'occasione per ricordare
quanto dicevo recentemente: « I Vescovi hanno la prima
responsabilità di edificare la Chiesa come famiglia di Dio e come
luogo di aiuto vicendevole e di disponibilità. Per poter compiere
questa missione, avete ricevuto, con la consacrazione episcopale,
tre peculiari uffici: il munus docendi, il munus sanctificandi e il
munus regendi, che nel loro insieme costituiscono il munus pascendi.
In particolare, la finalità del munus regendi è la crescita nella
comunione ecclesiale, cioè la costruzione di una comunità concorde
nell'ascolto dell'insegnamento degli apostoli, nella frazione del
pane, nelle preghiere e nell'unione fraterna. Strettamente congiunto
con gli uffici di insegnare e di santificare, quello di governare —
il munus regendi appunto — costituisce per il Vescovo un autentico
atto di amore verso Dio e verso il prossimo che si esprime nella
carità pastorale ».39
Come avviene nel resto del mondo, anche in Cina la Chiesa è
governata da Vescovi che, mediante l'ordinazione episcopale a loro
conferita da altri Vescovi validamente ordinati, hanno ricevuto,
insieme con l'ufficio di santificare, pure gli uffici di insegnare e
di governare il popolo loro affidato nelle rispettive Chiese
particolari, con una potestà che viene conferita da Dio mediante la
grazia del sacramento dell'Ordine. Gli uffici di insegnare e di
governare, però, « per loro natura, non possono essere esercitati se
non nella comunione gerarchica con il Capo e con i membri del
Collegio » dei Vescovi.40 Infatti — precisa il medesimo
Concilio Vaticano II — « una persona viene costituita membro del
Corpo episcopale in virtù della consacrazione sacramentale e della
comunione gerarchica con il Capo e con i membri del Collegio ».41
Attualmente, tutti i Vescovi della Chiesa cattolica in Cina sono
figli del Popolo cinese. Nonostante molte e gravi difficoltà, la
Chiesa cattolica in Cina, per una particolare grazia dello Spirito
Santo, non è stata mai privata del ministero di legittimi Pastori
che hanno conservato intatta la successione apostolica. Dobbiamo
ringraziare il Signore per questa presenza costante e sofferta di
Vescovi, che hanno ricevuto l'ordinazione episcopale in conformità
con la tradizione cattolica, vale a dire in comunione con il Vescovo
di Roma, Successore di Pietro, e per mano di Vescovi, validamente e
legittimamente ordinati, nell'osservanza del rito della Chiesa
cattolica.
Alcuni di essi, non volendo sottostare a un indebito controllo,
esercitato sulla vita della Chiesa, e desiderosi di mantenere una
piena fedeltà al Successore di Pietro e alla dottrina cattolica, si
sono visti costretti a farsi consacrare clandestinamente. La
clandestinità non rientra nella normalità della vita della Chiesa, e
la storia mostra che Pastori e fedeli vi fanno ricorso soltanto nel
sofferto desiderio di mantenere integra la propria fede e di non
accettare ingerenze di organismi statali in ciò che tocca l'intimo
della vita della Chiesa. Per tale motivo la Santa Sede auspica che
questi legittimi Pastori possano essere riconosciuti come tali dalle
Autorità governative anche per gli effetti civili — in quanto
necessari — e che i fedeli tutti possano esprimere liberamente la
propria fede nel contesto sociale in cui si trovano a vivere.
Altri Pastori, invece, sotto la spinta di circostanze particolari
hanno acconsentito a ricevere l'ordinazione episcopale senza il
mandato pontificio ma, in seguito, hanno chiesto di poter essere
accolti nella comunione con il Successore di Pietro e con gli altri
Fratelli nell'episcopato. Il Papa, considerando la sincerità dei
loro sentimenti e la complessità della situazione, e tenendo
presente il parere dei Vescovi viciniori, in virtù della propria
responsabilità di Pastore universale della Chiesa ha concesso ad
essi il pieno e legittimo esercizio della giurisdizione episcopale.
Questa iniziativa del Papa nasceva dalla conoscenza delle
particolari circostanze della loro ordinazione e dalla sua profonda
preoccupazione pastorale di favorire il ristabilimento di una piena
comunione. Purtroppo, il più delle volte, i sacerdoti e i fedeli non
sono stati adeguatamente informati dell'avvenuta legittimazione del
loro Vescovo, e ciò ha dato luogo a non pochi e gravi problemi di
coscienza. Per di più, alcuni Vescovi legittimati non hanno posto
gesti, che comprovassero chiaramente l'avvenuta legittimazione. Per
questo motivo è indispensabile che, per il bene spirituale delle
comunità diocesane interessate, l'avvenuta legittimazione possa
essere resa di pubblico dominio a tempi brevi e che i Presuli
legittimati pongano sempre di più gesti inequivocabili di piena
comunione con il Successore di Pietro.
Non mancano infine alcuni Vescovi — in un numero molto ridotto — che
sono stati ordinati senza il mandato pontificio e non hanno chiesto,
o non hanno ancora ottenuto, la necessaria legittimazione. Secondo
la dottrina della Chiesa cattolica essi sono da ritenere
illegittimi, ma validamente ordinati, qualora ci sia la certezza che
hanno ricevuto l'ordinazione da Vescovi validamente ordinati e che è
stato rispettato il rito cattolico dell'ordinazione episcopale. Essi
pertanto, pur non essendo in comunione con il Papa, esercitano
validamente il loro ministero nell'amministrazione dei sacramenti,
anche se in modo illegittimo. Quale grande ricchezza spirituale ne
deriverebbe per la Chiesa in Cina se, in presenza delle necessarie
condizioni, anche questi Pastori pervenissero alla comunione con il
Successore di Pietro e con tutto l'Episcopato cattolico! Non solo
sarebbe legittimato il loro ministero episcopale, ma anche
risulterebbe più ricca la loro comunione con i sacerdoti e con i
fedeli che considerano la Chiesa in Cina parte della Chiesa
cattolica, unita con il Vescovo di Roma e con tutte le altre Chiese
particolari sparse per il mondo.
Nelle singole nazioni tutti i Vescovi legittimi costituiscono una
Conferenza Episcopale, retta secondo uno statuto proprio che, a
norma del diritto canonico, deve essere approvato dalla Sede
Apostolica. Tale Conferenza Episcopale esprime la comunione fraterna
di tutti i Vescovi di una nazione e tratta le questioni dottrinali e
pastorali, che sono rilevanti per l'intera comunità cattolica nel
Paese, senza però interferire nell'esercizio della potestà ordinaria
e immediata di ogni Vescovo nella sua diocesi propria. Inoltre, ogni
Conferenza Episcopale mantiene opportuni e utili contatti con le
Autorità civili del luogo, anche per favorire la collaborazione tra
la Chiesa e lo Stato, ma è ovvio che una Conferenza Episcopale non
può essere sottoposta a nessuna Autorità civile nelle questioni di
fede e di vita secondo la fede (fides et mores, vita sacramentale),
che sono esclusivamente di competenza della Chiesa.
Alla luce dei principi sopra esposti, l'attuale Collegio dei Vescovi
Cattolici di Cina42 non può essere riconosciuto come
Conferenza Episcopale dalla Sede Apostolica: non ne fanno parte i
Vescovi « clandestini », cioè non riconosciuti dal Governo, che sono
in comunione con il Papa; include Presuli, che sono tuttora
illegittimi, ed è retta da Statuti, che contengono elementi
inconciliabili con la dottrina cattolica.
Nomina dei Vescovi
9. Com'è noto a tutti voi, uno dei problemi più delicati nei
rapporti della Santa Sede con le Autorità del vostro Paese è la
questione delle nomine episcopali. Da un lato, si può comprendere
che le Autorità governative siano attente alla scelta di coloro che
svolgeranno l'importante ruolo di guide e di pastori delle comunità
cattoliche locali, attesi i risvolti sociali che — in Cina come nel
resto del mondo — tale funzione ha anche nel campo civile.
Dall'altro lato, la Santa Sede segue con speciale cura la nomina dei
Vescovi poiché questa tocca il cuore stesso della vita della Chiesa
in quanto la nomina dei Vescovi da parte del Papa è garanzia
dell'unità della Chiesa e della comunione gerarchica. Per questo
motivo il Codice di Diritto Canonico (cfr can. 1382) stabilisce
gravi sanzioni sia per il Vescovo che conferisce liberamente
l'ordinazione episcopale senza mandato apostolico sia per colui che
la riceve: tale ordinazione rappresenta infatti una dolorosa ferita
alla comunione ecclesiale e una grave violazione della disciplina
canonica.
Il Papa, quando concede il mandato apostolico per l'ordinazione di
un Vescovo, esercita la sua suprema autorità spirituale: autorità ed
intervento, che rimangono nell'ambito strettamente religioso. Non si
tratta quindi di un'autorità politica, che si intromette
indebitamente negli affari interni di uno Stato e ne lede la
sovranità.
La nomina di Pastori per una determinata comunità religiosa è
intesa, anche in documenti internazionali, come un elemento
costitutivo del pieno esercizio del diritto alla libertà religiosa.43
La Santa Sede amerebbe essere completamente libera nella nomina dei
Vescovi;44 pertanto, considerando il recente cammino
peculiare della Chiesa in Cina, auspico che si trovi un accordo con
il Governo per risolvere alcune questioni riguardanti sia la scelta
dei candidati all'episcopato sia la pubblicazione della nomina dei
Vescovi sia il riconoscimento — agli effetti civili in quanto
necessari — del nuovo Vescovo da parte delle Autorità civili.
Infine, quanto alla scelta dei candidati all'episcopato, pur
conoscendo le vostre difficoltà al riguardo, desidero ricordare la
necessità che essi siano sacerdoti degni, rispettati ed amati dai
fedeli, e modelli di vita nella fede, e che posseggano una certa
esperienza nel ministero pastorale e siano perciò più adeguati a far
fronte alla pesante responsabilità di Pastore della Chiesa.45
Qualora in una diocesi fosse impossibile trovare candidati adatti
per la provvista della sede episcopale, la collaborazione con i
Vescovi delle diocesi limitrofe può aiutare a individuare candidati
idonei.
SECONDA PARTE
ORIENTAMENTI DI VITA PASTORALE
Sacramenti, governo
delle diocesi, parrocchie
10. Negli ultimi tempi sono emerse difficoltà, legate ad iniziative
individuali di Pastori, di sacerdoti e di fedeli laici, che, mossi
da generoso zelo pastorale, non sempre hanno rispettato i compiti o
la responsabilità altrui.
A questo proposito il Concilio Vaticano II ci ricorda che, se da un
lato i singoli Vescovi « in quanto membri del Collegio episcopale e
legittimi successori degli Apostoli, sono tenuti, per istituzione e
precetto di Cristo, ad avere una sollecitudine per tutta la Chiesa
», dall'altro lato essi « esercitano il loro governo pastorale sopra
la porzione del Popolo di Dio che è stata loro affidata, non sopra
le altre Chiese né sopra la Chiesa universale ».46
Inoltre, di fronte a certe problematiche emerse in varie comunità
diocesane durante gli ultimi anni, mi sembra doveroso ricordare la
norma canonica secondo cui ogni chierico deve essere incardinato in
una Chiesa particolare o in un Istituto di vita consacrata e deve
esercitare il proprio ministero in comunione con il Vescovo
Diocesano. Solo per giusti motivi un chierico può esercitare il
ministero in un'altra diocesi, ma sempre con il previo accordo dei
due Vescovi Diocesani, cioè di quello della Chiesa particolare in
cui è incardinato e di quello della Chiesa particolare al cui
servizio è destinato.47
In non poche circostanze, poi, vi siete posti il problema della
concelebrazione dell'Eucaristia. Al riguardo, ricordo che essa
presuppone, come condizioni, la professione della stessa fede e la
comunione gerarchica con il Papa e con la Chiesa universale.
Pertanto è lecito concelebrare con Vescovi e con sacerdoti che sono
in comunione con il Papa, anche se sono riconosciuti dalle Autorità
civili e mantengono un rapporto con organismi, voluti dallo Stato ed
estranei alla struttura della Chiesa, purché — come si è detto sopra
(cfr n. 7, capov. 8o) — il riconoscimento e il rapporto non
comportino la negazione di principi irrinunciabili della fede e
della comunione ecclesiastica.
Anche i fedeli laici, che sono animati da un sincero amore per
Cristo e per la Chiesa, non devono esitare a partecipare
all'Eucaristia, celebrata da Vescovi e da sacerdoti che sono in
piena comunione con il Successore di Pietro e sono riconosciuti
dalle Autorità civili. Lo stesso vale per tutti gli altri
sacramenti.
Sempre alla luce dei principi della dottrina cattolica devono essere
risolti i problemi che sorgono con quei Vescovi, che sono stati
consacrati senza il mandato pontificio, sia pure nel rispetto del
rito cattolico dell'ordinazione episcopale. La loro ordinazione —
come ho già detto (cfr n. 8, capov. 12o) — è illegittima ma valida,
così come sono valide le ordinazioni sacerdotali da loro conferite e
sono validi anche i sacramenti amministrati da tali Vescovi e
sacerdoti. Pertanto i fedeli, tenendo presente ciò, per la
celebrazione eucaristica e per gli altri sacramenti devono, nella
misura del possibile, cercare Vescovi e sacerdoti che sono in
comunione con il Papa: tuttavia, quando ciò non fosse realizzabile
senza loro grave incomodo, possono, per esigenza del loro bene
spirituale, rivolgersi anche a coloro che non sono in comunione con
il Papa.
Reputo infine opportuno attirare la vostra attenzione su quanto la
legislazione canonica prevede per aiutare i Vescovi Diocesani ad
assolvere il proprio compito pastorale. Ogni Vescovo Diocesano è
invitato a servirsi di indispensabili strumenti di comunione e di
collaborazione all'interno della comunità cattolica diocesana: la
curia diocesana, il consiglio presbiterale, il collegio dei
consultori, il consiglio pastorale diocesano e il consiglio
diocesano per gli affari economici. Questi organismi esprimono la
comunione, favoriscono la condivisione delle responsabilità comuni e
sono di grande aiuto ai Pastori, che possono così avvalersi della
fraterna collaborazione di sacerdoti, di persone consacrate e di
fedeli laici.
Lo stesso vale per i vari consigli, che il Diritto Canonico prevede
per le parrocchie: il consiglio pastorale parrocchiale ed il
consiglio parrocchiale per gli affari economici.
Tanto per le diocesi quanto per le parrocchie, particolare
attenzione dovrà essere riservata ai beni temporali della Chiesa,
mobili ed immobili, che dovranno essere registrati legalmente in
campo civile a nome della diocesi o della parrocchia e mai a nome di
singole persone (cioè Vescovo, parroco o gruppo di fedeli). Nel
contempo mantiene tutta la sua validità il tradizionale orientamento
pastorale e missionario, che si riassume nel principio: « nihil sine
Episcopo ».
Dall'analisi delle suesposte problematiche emerge con chiarezza che
una vera soluzione di esse ha la sua radice nella promozione della
comunione, che attinge vigore e slancio, come da fonte, da Cristo,
icona dell'amore del Padre. La carità, che è sempre al di sopra di
tutto (cfr 1 Cor 13, 1-12), sarà la forza ed il criterio nel lavoro
pastorale per la costruzione di una comunità ecclesiale, che renda
presente il Cristo Risorto all'uomo di oggi.
Le province
ecclesiastiche
11. Numerosi cambiamenti amministrativi sono avvenuti, in campo
civile, durante gli ultimi cinquant'anni. Ciò ha coinvolto anche
diverse circoscrizioni ecclesiastiche, che sono state eliminate o
raggruppate oppure sono state modificate nella loro configurazione
territoriale in base alle circoscrizioni amministrative civili. A
questo proposito desidero confermare che la Santa Sede è disponibile
ad affrontare l'intera questione delle circoscrizioni e delle
province ecclesiastiche in un dialogo aperto e costruttivo con
l'Episcopato cinese e — in quanto opportuno e utile — con le
Autorità governative.
Le comunità cattoliche
12. Mi è ben noto che le comunità diocesane e parrocchiali,
disseminate nel vasto territorio cinese, mostrano una particolare
vivacità di vita cristiana, di testimonianza della fede e di
iniziative pastorali. È per me consolante costatare che, malgrado le
difficoltà passate e presenti, i Vescovi, i sacerdoti, le persone
consacrate ed i fedeli laici hanno mantenuto una profonda
consapevolezza di essere membra vive della Chiesa universale, in
comunione di fede e di vita con tutte le comunità cattoliche sparse
per il mondo. Essi sanno, nel loro cuore, che cosa vuol dire essere
cattolici. Ed è proprio da questo cuore cattolico che deve nascere
anche l'impegno per rendere manifesto ed operoso, sia all'interno
delle singole comunità sia nei rapporti tra le varie comunità,
quello spirito di comunione, di comprensione e di perdono che —
com'è detto sopra (cfr n. 5, capov. 4o, e n. 6) — è il sigillo
visibile di un'autentica esistenza cristiana. Sono sicuro che lo
Spirito di Cristo, come ha aiutato le comunità a mantenere viva la
fede in tempo di persecuzione, aiuterà oggi tutti i cattolici a
crescere nell'unità.
Come già facevo presente (cfr n. 2, capov. 1o, e n. 4, capov. 1o),
ai membri delle comunità cattoliche nel vostro Paese — specialmente
ai Vescovi, ai presbiteri e alle persone consacrate — non è
purtroppo ancora concesso di vivere e di esprimere, in pienezza e in
modo anche visibile, certi aspetti della loro appartenenza alla
Chiesa e della loro comunione gerarchica con il Papa, essendo
normalmente impediti liberi contatti con la Santa Sede e con le
altre comunità cattoliche nei vari Paesi. È vero che negli ultimi
anni la Chiesa gode, rispetto al passato, di una maggiore libertà
religiosa. Tuttavia non si può negare che permangono gravi
limitazioni che toccano il cuore della fede e che, in certa misura,
soffocano l'attività pastorale. A questo proposito rinnovo l'augurio
(cfr n. 4, capovv. 2o-4o) che, nel corso di un dialogo rispettoso ed
aperto tra la Santa Sede e i Vescovi cinesi, da una parte, e le
Autorità governative, dall'altra, possano essere superate le
menzionate difficoltà e si pervenga, così, ad una proficua intesa
che sarà a vantaggio della comunità cattolica e della convivenza
sociale.
I presbiteri
13. Vorrei poi rivolgere un pensiero speciale e un invito ai
sacerdoti — in modo particolare a quelli ordinati negli ultimi anni
—, che con tanta generosità hanno intrapreso il cammino del
ministero pastorale. Mi sembra che l'attuale situazione ecclesiale e
socio-politica renda sempre più pressante l'esigenza di attingere
luce e forza alle sorgenti della spiritualità sacerdotale, che sono
l'amore di Dio, l'incondizionata sequela di Cristo, la passione per
l'annuncio del Vangelo, la fedeltà alla Chiesa e il servizio
generoso al prossimo.48 Come non ricordare a questo
proposito, quale incoraggiamento per tutti, le figure luminose di
Vescovi e di sacerdoti che, negli anni difficili del recente
passato, hanno testimoniato un amore indefettibile alla Chiesa,
anche con il dono della propria vita per essa e per Cristo?
Sacerdoti carissimi! Voi che sopportate « il peso della giornata e
il caldo » (Mt 20, 12), che avete messo mano all'aratro e non vi
volgete indietro (cfr Lc 9, 62), pensate a quei luoghi, dove i
fedeli attendono con ansia un sacerdote e dove da molti anni,
sentendo la sua mancanza, non cessano di auspicarne la presenza. So
bene che in mezzo a voi ci sono confratelli che hanno dovuto far
fronte a tempi e a situazioni difficili, assumendo posizioni non
sempre condivisibili da un punto di vista ecclesiale, e che,
malgrado tutto, desiderano tornare nella piena comunione della
Chiesa. Nello spirito di quella profonda riconciliazione, alla quale
il mio venerato Predecessore ha invitato ripetutamente la Chiesa in
Cina,49 mi rivolgo ai Vescovi che sono in comunione con
il Successore di Pietro, affinché con animo paterno valutino caso
per caso e diano una giusta risposta a tale desiderio, ricorrendo —
se necessario — alla Sede Apostolica. E, quale segno di questa
auspicata riconciliazione, penso che non ci sia gesto più
significativo che quello di rinnovare comunitariamente — in
occasione della giornata sacerdotale del Giovedì Santo, come avviene
nella Chiesa universale, oppure in altra circostanza che sarà
considerata più opportuna — la professione di fede, a testimonianza
della piena comunione raggiunta, a edificazione del Popolo santo di
Dio affidato alla vostra cura pastorale, e a lode della Santissima
Trinità.
Sono consapevole poi che anche in Cina, come nel resto della Chiesa,
emerge la necessità di un'adeguata formazione permanente del clero.
Di qui nasce l'invito, rivolto a voi Vescovi come responsabili delle
comunità ecclesiali, a pensare specialmente al giovane clero che è
sempre più sottoposto a nuove sfide pastorali, connesse con le
esigenze del compito di evangelizzare una società così complessa
com'è la società cinese attuale. Ce lo ricordava il Papa Giovanni
Paolo II: la formazione permanente dei sacerdoti « è un'esigenza
intrinseca al dono e al ministero sacramentale ricevuto e si rivela
necessaria in ogni tempo. Oggi però risulta essere particolarmente
urgente, non solo per il rapido mutarsi delle condizioni sociali e
culturali degli uomini e dei popoli entro cui si svolge il ministero
presbiterale, ma anche per quella “nuova evangelizzazione” che
costituisce il compito essenziale e indilazionabile della Chiesa
alla fine del secondo millennio ».50
Le vocazioni e la
formazione religiosa
14. Durante gli ultimi cinquant'anni non è mai mancata nella Chiesa
in Cina un'abbondante fioritura di vocazioni al sacerdozio e alla
vita consacrata. Di questo si deve rendere grazie al Signore perché
si tratta di un segno di vitalità e di un motivo di speranza. Nel
corso degli anni poi sono sorte molte congregazioni religiose
autoctone: i Vescovi e i sacerdoti sanno per esperienza quanto sia
insostituibile il contributo delle religiose nella catechesi e nella
vita parrocchiale in tutte le sue forme; inoltre, l'attenzione ai
più bisognosi, prestata in collaborazione anche con le Autorità
civili locali, è espressione di quella carità e di quel servizio al
prossimo che sono la testimonianza più credibile della forza e della
vitalità del Vangelo di Gesù.
Sono però consapevole che tale fioritura è accompagnata, oggi, da
non poche difficoltà. Emerge pertanto l'esigenza sia di un più
attento discernimento vocazionale da parte dei responsabili
ecclesiali sia di una più approfondita educazione e istruzione degli
aspiranti al sacerdozio e alla vita religiosa. Nonostante la
precarietà dei mezzi a disposizione, per l'avvenire della Chiesa in
Cina bisognerà adoperarsi per assicurare, da un lato, una
particolare attenzione nella cura delle vocazioni e, dall'altro
lato, una formazione più solida sotto gli aspetti umano, spirituale,
filosofico-teologico e pastorale, da realizzare nei seminari e negli
istituti religiosi.
A questo riguardo, merita una menzione particolare la formazione al
celibato dei candidati al sacerdozio. È importante che essi imparino
a vivere e a stimare il celibato come dono prezioso di Dio e come
segno eminentemente escatologico, che testimonia un amore indiviso a
Dio ed al suo popolo e configura il sacerdote a Gesù Cristo, Capo e
Sposo della Chiesa. Tale dono, infatti, in modo precipuo « esprime
il servizio del sacerdote alla Chiesa in e con il Signore »51
e rappresenta un valore profetico per il mondo d'oggi.
Quanto poi alla vocazione religiosa, nel contesto attuale della
Chiesa in Cina è necessario che appaiano sempre più luminose le sue
due dimensioni: e cioè, da un lato, la testimonianza del carisma
della totale consacrazione a Cristo attraverso i voti di castità,
povertà e obbedienza e, dall'altro, la risposta all'esigenza di
annunciare il Vangelo nelle odierne condizioni storico-sociali del
Paese.
I fedeli laici e la
famiglia
15. Nei tempi più difficili della storia recente della Chiesa
cattolica in Cina i fedeli laici, sia a livello individuale e
familiare sia come membri di movimenti spirituali ed apostolici,
hanno mostrato una piena fedeltà al Vangelo, pagando anche di
persona la propria fedeltà a Cristo. Voi, laici, siete chiamati,
pure oggi, a incarnare il Vangelo nella vostra vita e a dare una
testimonianza per mezzo di un generoso e fattivo servizio per il
bene del popolo e per lo sviluppo del Paese: e adempirete tale
missione vivendo come cittadini onesti e operando come collaboratori
attivi e corresponsabili nella diffusione della Parola di Dio nel
vostro ambiente, rurale o cittadino. Voi, che in tempi recenti siete
stati coraggiosi testimoni della fede, restate la speranza della
Chiesa per l'avvenire! Ciò esige una vostra sempre più motivata
partecipazione in tutte le istanze della vita della Chiesa, in
comunione con i vostri rispettivi Pastori.
Poiché l'avvenire dell'umanità passa attraverso la famiglia, ritengo
indispensabile ed urgente che i laici ne promuovano i valori e ne
tutelino le esigenze. Essi, che nella fede conoscono pienamente il
meraviglioso disegno di Dio sulla famiglia, hanno una ragione in più
per assumere questa consegna concreta ed impegnativa: la famiglia
infatti « è il luogo normale dove le giovani generazioni giungono
alla maturità personale e sociale. La famiglia reca con sé l'eredità
dell'umanità stessa, poiché la vita passa attraverso di essa di
generazione in generazione. La famiglia occupa un posto molto
importante nelle culture dell'Asia e, come hanno sottolineato i
Padri sinodali, i valori familiari quali il rispetto filiale,
l'amore e la cura per gli anziani e i malati, l'amore per i piccoli
e l'armonia sono tenuti in grande stima in tutte le culture e le
tradizioni religiose di quel Continente ».52
I summenzionati valori fanno parte del rilevante contesto culturale
cinese, ma anche nella vostra terra non mancano forze che
influiscono negativamente sulla famiglia in vari modi. Pertanto la
Chiesa che è in Cina, consapevole che il bene della società e di se
stessa è profondamente legato al bene della famiglia,53
deve sentire in modo più vivo e stringente la sua missione di
proclamare a tutti il disegno di Dio sul matrimonio e sulla
famiglia, assicurandone la piena vitalità.54
L'iniziazione
cristiana degli adulti
16. La storia recente della Chiesa cattolica in Cina ha visto un
elevato numero di adulti, che si sono avvicinati alla fede grazie
anche alla testimonianza della comunità cristiana locale. Voi,
Pastori, siete chiamati a curare in modo particolare la loro
iniziazione cristiana attraverso un appropriato e serio periodo di
catecumenato che li aiuti e li prepari a condurre una vita da
discepoli di Gesù.
A questo proposito ricordo che l'evangelizzazione non è mai pura
comunicazione intellettuale, bensì anche esperienza di vita,
purificazione e trasformazione dell'intera esistenza, e cammino in
comunione. Solo così si instaura un giusto rapporto tra pensiero e
vita.
Guardando poi al passato, si deve purtroppo rilevare che molti
adulti non sempre sono stati sufficientemente iniziati alla completa
verità della vita cristiana e nemmeno hanno conosciuto la ricchezza
del rinnovamento apportato dal Concilio Vaticano II. Sembra pertanto
necessario e urgente offrire ad essi una solida e approfondita
formazione cristiana, sotto forma anche di un catecumenato
post-battesimale.55
La vocazione
missionaria
17. La Chiesa, sempre e dovunque missionaria, è chiamata alla
proclamazione e alla testimonianza del Vangelo. Anche la Chiesa in
Cina deve sentire nel suo cuore l'ardore missionario del suo
Fondatore e Maestro.
Rivolgendosi a giovani pellegrini sul Monte delle Beatitudini
nell'Anno Santo 2000, Giovanni Paolo II diceva: « Al momento della
sua Ascensione, Gesù affidò ai suoi discepoli una missione e questa
rassicurazione: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.
Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... ecco, io sono con
voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 18-20). Da
duemila anni i seguaci di Cristo svolgono questa missione. Ora,
all'alba del terzo millennio, tocca a voi. Tocca a voi andare nel
mondo e annunciare il messaggio dei Dieci Comandamenti e delle
Beatitudini. Quando Dio parla, parla di cose che hanno la più grande
importanza per ogni persona, per le persone del XXI secolo non meno
che per quelle del primo secolo. I Dieci Comandamenti e le
Beatitudini parlano di verità e di bontà, di grazia e di libertà, di
quanto è necessario per entrare nel Regno di Cristo ».56
Ora spetta a voi, discepoli cinesi del Signore, essere coraggiosi
apostoli di quel Regno. Sono sicuro che grande e generosa sarà la
vostra risposta.
CONCLUSIONE
Revoca delle facoltà
e delle direttive pastorali
18. Considerando in primo luogo alcuni positivi sviluppi della
situazione della Chiesa in Cina, in secondo luogo le maggiori
opportunità e facilitazioni nelle comunicazioni e, da ultimo, le
richieste che diversi Vescovi e sacerdoti hanno qui indirizzato, con
la presente Lettera revoco tutte le facoltà che erano state concesse
per far fronte a particolari esigenze pastorali, sorte in tempi
veramente difficili.
Lo stesso dicasi per tutte le direttive di ordine pastorale, passate
e recenti. I principi dottrinali, che le ispiravano, trovano ora
nuova applicazione nelle direttive, contenute nella presente
Lettera.
Giornata di
preghiera per la Chiesa in Cina
19. Carissimi Pastori e fedeli tutti, il giorno 24 maggio, che è
dedicato alla memoria liturgica della Beata Vergine Maria, Aiuto dei
Cristiani — la quale è venerata con tanta devozione nel santuario
mariano di Sheshan a Shanghai —, in futuro potrebbe divenire
occasione per i cattolici di tutto il mondo di unirsi in preghiera
con la Chiesa che è in Cina.
Desidero che quella data sia per voi una giornata di preghiera per
la Chiesa in Cina. Vi esorto a celebrarla rinnovando la vostra
comunione di fede in Gesù Nostro Signore e di fedeltà al Papa,
pregando affinché l'unità tra di voi sia sempre più profonda e
visibile. Vi ricordo inoltre il comandamento d'amore che Gesù ci ha
dato, di amare i nostri nemici e di pregare per coloro che ci
perseguitano, nonché l'invito dell'Apostolo san Paolo: « Vi
raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche,
preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per
tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una
vita calma e tranquilla, con tutta pietà e dignità. Questa è una
cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale
vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza
della verità » (1 Tm 2, 1-4).
Nella medesima Giornata i cattolici nel mondo intero — in
particolare quelli che sono di origine cinese — mostreranno la loro
fraterna solidarietà e sollecitudine per voi, chiedendo al Signore
della storia il dono della perseveranza nella testimonianza, certi
che le vostre sofferenze passate e presenti per il santo Nome di
Gesù e la vostra intrepida lealtà al Suo Vicario in terra saranno
premiate, anche se talvolta tutto possa sembrare un triste
fallimento.
Saluto finale
20. Al termine di questa Lettera auguro a voi, cari Pastori della
Chiesa cattolica che è in Cina, sacerdoti, persone consacrate e
fedeli laici, di essere « ricolmi di gioia, anche se ora dovete
essere per un po' di tempo afflitti da varie prove, perché il valore
della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che, pur destinato a
perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e
onore nella manifestazione di Gesù Cristo » (1 Pt 1, 6- 7).
Maria Santissima, Madre della Chiesa e Regina della Cina, che
nell'ora della Croce ha saputo, nel silenzio della speranza,
attendere il mattino della Risurrezione, vi accompagni con materna
premura e interceda per tutti voi insieme a san Giuseppe e ai
numerosi santi Martiri cinesi.
Vi assicuro delle mie costanti preghiere e, con un pensiero
affettuoso agli anziani, agli ammalati, ai bambini e ai giovani
della vostra nobile Nazione, vi benedico di cuore.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 27 maggio, Solennità di
Pentecoste, dell'anno 2007, terzo di Pontificato.
BENEDICTUS PP. XVI
Note
[1] Benedetto XVI, Angelus del 26 dicembre 2006: « Con speciale
vicinanza spirituale, penso anche a quei cattolici che mantengono la
propria fedeltà alla Sede di Pietro senza cedere a compromessi, a
volte anche a prezzo di gravi sofferenze. Tutta la Chiesa ne ammira
l'esempio e prega perché essi abbiano la forza di perseverare,
sapendo che le loro tribolazioni sono fonte di vittoria, anche se al
momento possono sembrare un fallimento »: L'Osservatore Romano,
27-28 dicembre 2006, p. 12.
[2] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes sulla Chiesa
nel mondo contemporaneo, n. 10.
[3] Messaggio Con intima gioia ai partecipanti al Convegno
Internazionale su « Matteo Ricci: per un dialogo tra Cina e
Occidente » (24 ottobre 2001), n. 4: L'Osservatore Romano, 25
ottobre 2001, p. 5.
[4] Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Ecclesia in Asia
(6 novembre 1999), n. 7: AAS 92 (2000), 456.
[5] Cfr ibid., nn. 19 e 20: AAS 92 (2000), 477-482.
[6] Cfr Discorso ai Delegati della Federazione delle Conferenze
Episcopali Asiatiche (Manila 15 gennaio 1995), n. 11: L'Osservatore
Romano, 16-17 gennaio 1995, p. 5.
[7] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio
2001), n. 1: AAS 93 (2001), 266.
[8] Benedetto XVI, Udienza Generale (mercoledì 23 agosto 2006):
L'Osservatore Romano, 24 agosto 2006, p. 4.
[9] Giovanni Paolo II, Messaggio Con intima gioia ai partecipanti al
Convegno Internazionale su « Matteo Ricci: per un dialogo tra Cina e
Occidente » (24 ottobre 2001), n. 6: L'Osservatore Romano, 25
ottobre 2001, p. 5.
[10] Ibid.
[11] Cfr Fonti Ricciane, a cura di Pasquale M. D'Elia, S.I., vol. 2,
Roma 1949, n. 617, p. 152.
[12] Messaggio Con intima gioia ai partecipanti al Convegno
Internazionale su « Matteo Ricci: per un dialogo tra Cina e
Occidente » (24 ottobre 2001), n. 4: L'Osservatore Romano, 25
ottobre 2001, p. 5.
[13] Cost. past. Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo, n. 76.
[14] Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre
2005), n. 28: AAS 98 (2006), 240. Cfr Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. past. Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, n.
76.
[15] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium sulla
Chiesa, n. 26.
[16] Ibid., n. 23.
[17] Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera
Communionis notio ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni
aspetti della Chiesa come comunione (28 maggio 1992), nn. 11-14: AAS
85 (1993), 844-847.
[18] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium sulla
Chiesa, n. 23.
[19] Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Communionis
notio ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della
Chiesa come comunione (28 maggio 1992), n. 13: AAS 85 (1993), 846.
[20] Cfr Benedetto XVI, Esort. ap. post-sinodale Sacramentum
caritatis (22 febbraio 2007), n. 6: « La fede della Chiesa è
essenzialmente fede eucaristica e si alimenta in modo particolare
alla mensa dell'Eucaristia. La fede e i Sacramenti sono due aspetti
complementari della vita ecclesiale. Suscitata dall'annuncio della
Parola di Dio, la fede è nutrita e cresce nell'incontro di grazia
col Signore risorto che si realizza nei Sacramenti: “La fede si
esprime nel rito e il rito rafforza e fortifica la fede”. Per
questo, il Sacramento dell'altare sta sempre al centro della vita
ecclesiale; “grazie all'Eucaristia la Chiesa rinasce sempre di
nuovo!”. Quanto più viva è la fede eucaristica nel Popolo di Dio,
tanto più profonda è la sua partecipazione alla vita ecclesiale
mediante la convinta adesione alla missione che Cristo ha affidato
ai suoi discepoli. Di ciò è testimone la stessa storia della Chiesa.
Ogni grande riforma è legata, in qualche modo, alla riscoperta della
fede nella presenza eucaristica del Signore in mezzo al suo popolo
»: L'Osservatore Romano, 14 marzo 2007, p. 2; Supplemento, pp.
II-III.
[21] Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), n. 42: AAS
93 (2001), 296. Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est (25
dicembre 2005), n. 12: « L'agire di Dio acquista ora la sua forma
drammatica nel fatto che, in Gesù Cristo, Dio stesso insegue la
“pecorella smarrita”, l'umanità sofferente e perduta. Quando Gesù
nelle sue parabole parla del pastore che va dietro alla pecorella
smarrita, della donna che cerca la dracma, del padre che va incontro
al figliol prodigo e lo abbraccia, queste non sono soltanto parole,
ma costituiscono la spiegazione del suo stesso essere ed operare.
Nella sua morte in croce si compie quel volgersi di Dio contro se
stesso nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e salvarlo –
amore, questo, nella sua forma più radicale »: AAS 98 (2006), 228.
[22] Benedetto XVI, Udienza Generale (mercoledì 5 aprile 2006):
L'Osservatore Romano, 6 aprile 2006, p. 4.
[23] Dovrebbe essere illuminante per tutti l'esperienza vissuta
dalla Chiesa antica nel tempo delle persecuzioni, nonché
l'insegnamento dato al riguardo proprio dalla Chiesa di Roma, che,
escludendo le posizioni rigoriste dei Novaziani e dei Donatisti,
esortava alla generosità del perdono e della riconciliazione nei
confronti di coloro che, avendo abiurato (i « lapsi ») durante le
persecuzioni, desideravano essere riammessi nella comunione della
Chiesa.
[24] Giovanni Paolo II, Messaggio Alla vigilia ai cattolici in Cina
(8 dicembre 1999), n. 6: L'Osservatore Romano, 11 dicembre 1999, p.
5.
[25] Cfr Mt 4, 8-10; Gv 6, 15.
[26] Cfr Is 42, 1-4.
[27] Cfr Gv 18, 37.
[28] Cfr Mt 26, 51-53; Gv 18, 36.
[29] Conc. Ecum. Vat. II, Dich.
Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, n. 11.
[30] Benedetto XVI, Udienza Generale (mercoledì 5 aprile 2006):
L'Osservatore Romano, 6 aprile 2006, p. 4.
[31] Cost. past. Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo, n. 28.
[32] Benedetto XVI, Udienza Generale (mercoledì 5 aprile 2006):
L'Osservatore Romano, 6 aprile 2006, p. 4.
[33] Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 174. Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 857 e 869.
[34] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Apostolos suos (21 maggio 1998),
n. 10: AAS 90 (1998), 648.
[35] Cfr C.I.C., can. 447.
[36] Statuti dell'Associazione Patriottica Cattolica Cinese (Chinese
Catholic Patriotic Association, CCPA), 2004, art. 3.
[37] Omelia per il Giubileo dei Vescovi (8 ottobre 2000), n. 5: AAS
93 (2001), 28. Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus
sull'ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa, n. 6.
[38] Giovanni Paolo II, Omelia per il Giubileo dei Vescovi (8
ottobre 2000), n. 4: AAS 93 (2001), 27.
[39] Benedetto XVI, Udienza ai Vescovi nominati di recente (21
settembre 2006): AAS 98 (2006), 696.
[40] Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium sulla Chiesa, n. 21. Cfr anche
C.I.C., can. 375, § 2.
[41] Cost. dogm. Lumen gentium
sulla Chiesa, n. 22. Cfr anche « Nota esplicativa previa », n. 2.
[42] China Catholic Bishops' College (CCBC).
[43] A livello universale si
vedano, per esempio, le disposizioni dell'art.
18, paragrafo 1,
dell'International Covenant on Civil and Political Rights del 16
dicembre 1966 (« Everyone shall have the right to freedom of
thought, conscience and religion. This right shall include freedom
to have or to adopt a religion or belief of his choice, and freedom,
either individually or in community with others and in public or
private, to manifest his religion or belief in worship, observance,
practice and teaching ») e l'interpretazione, vincolante per gli
Stati Membri, che ne ha dato il Comitato dei Diritti dell'Uomo delle
Nazioni Unite nel « General Comment, No. 22 » (n. 4) del 30 luglio
1993 (« the practice and teaching of religion or belief includes
acts integral to the conduct by religious groups of their basic
affairs, such as the freedom to choose their religious leaders,
priests and teachers, the freedom to establish seminaries or
religious schools and the freedom to prepare and distribute
religious texts or publications »).
A livello regionale poi si vedano, per
esempio, i seguenti impegni, assunti nella Riunione di Vienna dai
Rappresentanti degli Stati partecipanti alla Conferenza sulla
Sicurezza e la Cooperazione in Europa (CSCE): « Al fine di
assicurare la libertà dell'individuo di professare e praticare una
religione o una convinzione, gli Stati partecipanti, fra l'altro,
(...) rispetteranno il diritto di tali comunità religiose di (...)
organizzarsi secondo la propria struttura gerarchica e
istituzionale, (...) scegliere, nominare e sostituire il proprio
personale conformemente alle rispettive esigenze e alle proprie
norme nonché a qualsiasi intesa liberamente accettata fra esse e il
proprio Stato, (...) » (Documento Conclusivo del 1989, Principio n.
16 della sezione « Questioni relative alla sicurezza in Europa »).
Cfr anche Conc. Ecum. Vat. II, Dich.
Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, n. 4.
[44] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Christus Dominus sull'ufficio
pastorale dei Vescovi nella Chiesa, n. 20.
[45] Si vedano, al riguardo, le relative norme del C.I.C. (cfr can.
378).
[46] Cost. dogm. Lumen gentium sulla Chiesa, n. 23.
[47] Cfr C.I.C., cann. 265-272.
[48] Per una riflessione sulla dottrina e spiritualità del
sacerdozio e sul carisma del celibato rimando al mio Discorso alla
Curia Romana (22 dicembre 2006): L'Osservatore Romano, 23 dicembre
2006, p. 6.
[49] Cfr Giovanni Paolo II, Messaggio La memoria liturgica alla
Chiesa che è in Cina nel 70o anniversario dell'ordinazione a Roma
del primo gruppo di Vescovi cinesi e nel 50o anniversario
dell'istituzione della Gerarchia ecclesiastica in Cina (3 dicembre
1996), n. 4: AAS 89 (1997), 256.
[50] Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992),
n. 70: AAS 84 (1992), 782.
[51] Ibid., n. 29: AAS 84
(1992), 704.
[52] Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Ecclesia in Asia (6
novembre 1999), n. 46: AAS 92 (2000), 521. Cfr Benedetto XVI, Quinto
Incontro Mondiale delle Famiglie in Spagna (Valencia 8 luglio 2006):
« La famiglia è un bene necessario per i popoli, un fondamento
indispensabile per la società ed un grande tesoro degli sposi
durante tutta la loro vita. È un bene insostituibile per i figli che
devono essere frutto dell'amore, della donazione totale e generosa
dei genitori. Proclamare la verità integrale della famiglia, fondata
nel matrimonio come Chiesa domestica e santuario della vita, è una
grande responsabilità di tutti. [...] Cristo ha rivelato quale è
sempre la fonte suprema della vita per tutti e, pertanto, anche per
la famiglia: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni
gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di
questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 12- 13). L'amore di
Dio stesso si è riversato su di noi nel battesimo. Per questo le
famiglie sono chiamate a vivere quella qualità di amore, poiché il
Signore è colui che si fa garante che ciò sia possibile per noi
attraverso l'amore umano, sensibile, affettuoso e misericordioso
come quello di Cristo »: AAS 98 (2006), 591-592.
[53] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes sulla
Chiesa nel mondo contemporaneo, n. 47.
[54] Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22
novembre 1981), n. 3: AAS 74 (1982), 84.
[55] Come hanno detto i Padri sinodali della Settima Assemblea
ordinaria del Sinodo dei Vescovi (1-30 ottobre 1987), nella
formazione dei cristiani « un aiuto può essere dato anche da una
catechesi post-battesimale a modo di catecumenato, mediante la
riproposizione di alcuni elementi del “Rituale dell'Iniziazione
Cristiana degli Adulti”, destinati a far cogliere e vivere le
immense e straordinarie ricchezze e responsabilità del Battesimo
ricevuto »: Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale
Christifideles laici (30 dicembre 1988), n. 61: AAS 81 (1989), 514.
Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1230-1231.
[56] Omelia sul Monte delle Beatitudini (Israele, 24 marzo 2000), n.
5: L'Osservatore Romano, 25 marzo 2000, p. 5.
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