DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON - Per
lo storico Richard Pipes, l' ex sovietologo del presidente Reagan,
uno dei massimi esperti di Russia, il discorso di Putin è «l'
ennesima conferma del crescente nazionalismo di Mosca e del suo
crescente ricorso al soft power nel trattare con l' Europa». Il tono
duro di Putin l' ha sorpresa? «No, vedevo maturare una crisi perché
i contrasti tra di noi sono aumentati, dai Balcani al Medio Oriente.
L' orso russo brontola da tempo nei nostri confronti, a volte svolge
una politica inquietante, appoggia Hamas, compie esercitazioni
militari congiunte con la Cina. È anche vero però che collabora su
problemi cruciali come l' Iran e la Corea del Nord». Secondo lei, il
risentimento di Putin sulle basi missilistiche americane in Europa è
fondato? «No, ma ha una spiegazione. In Russia è rimasta la
mentalità della Guerra Fredda, e Putin è un ex agente del Kgb. Al
comunismo è subentrato il nazionalismo, ma il senso di
accerchiamento è rimasto lo stesso. Dai sondaggi, la maggioranza dei
russi è non solo antiamericana ma anche antioccidentale, diffida di
noi. Le nostre mosse allarmano il Paese». Che obiettivi persegue
Putin? «La Russia si è sempre considerata e continua a considerarsi
una grande potenza. Il presidente vuole che sia trattata come tale,
e che se ne riconoscano gli interessi. L' ha rafforzata come Stato e
l' ha inquadrata nella comunità internazionale. È attento a non
ricorrere alla forza, ma non esita a ricorrere al ricatto». Non le
sembra che Putin voglia scavare un solco tra Ue e Usa? «Lo ritengo
abbastanza realista da sapere che non ci riuscirebbe, ma è chiaro
che in Europa mira ad accrescere l' influenza russa e a ridurre
quella americana. La considera una questione di sicurezza nazionale.
Ha l' appoggio popolare, l' 85 per cento dei russi chiede ordine,
non libertà, dentro e fuori il Paese». |