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(21 aprile, 2007) Corriere della Sera
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DISCUSSIONI Dopo l' allarme di Daniel Pipes
per «l' invasione islamica» gli studiosi americani si dividono sul
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Eurabia |
Fukuyama: Ue troppo tollerante Walzer: diritti umani
carta vincente |
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WASHINGTON - Giorni fa, sulla rivista
National Interest, Daniel Pipes analizzava quelli che giudica i tre
possibili sbocchi dell' attuale «invasione musulmana» dell' Ue, come
ama chiamarla: la islamizzazione di gran parte dell' Europa; l'
espulsione degli islamici dal continente; oppure la loro
integrazione. L' analisi di Pipes, noto studioso dell' Islam, ha
riacceso il dibattito sullo «scontro di civiltà» da tempo in corso
nell' intellighenzia americana. Dei tre euroscenari, secondo lo
studioso, il più realistico è il primo. Ecco le ragioni: «L'
alienazione della maggioranza degli europei dalla loro cultura; il
loro secolarismo estremo; e lo scarso tasso di natalità». Gli
europei, ammonisce Pipes, «sembrano pensare che non valga più la
pena di combattere per i propri valori; sono illuministi al punto da
contestare i leader che esaltano la fede come Bush; e hanno un
crescente bisogno di immigrati». Al contrario i musulmani credono
nella religione e nella famiglia, e perseguono un fine preciso:
«Issare la propria bandiera sui pennoni dell' Ue». Convertirla e
dominarla: «Nel 2015, Amsterdam e Rotterdam potrebbero divenire le
prime metropoli europee a popolazione in maggioranza islamica».
Pipes non esclude di sbagliarsi, e lascia la porta aperta al terzo
sbocco, l' integrazione dei musulmani. Ma altri studiosi Usa, gli
euroscettici, prevedono a medio termine o una Ue islamizzata, la
cosiddetta «Eurabia», o una Ue che respinge l' invasione dell' Islam
con la violenza. Tra i primi figurano Mark Steyn, che nel libro
America Alone («America sola») mette in dubbio che «l' Europa come
noi la conosciamo possa sopravvivere al XXI secolo»; Bruce Bawer,
che nel trattato While Europe Slept («Mentre l' Europa dormiva») dà
per sicura «una lunga occupazione musulmana»; e Tony Blankey, un
neocon che nel saggio The West Last Chance («L' ultima chance dell'
Occidente») deride «la debolezza degli europei». Tra quanti invece
temono una guerra civile nell' Ue, europei contro musulmani,
emergono la storica Claire Berlinski, autrice di Menace in Europe
(«Minaccia in Europa»), che dipinge un futuro di conflitti etnici e
religiosi; il politologo Dennis Prager, che pronostica una
repressione europea «di tutto ciò che è islamico»; e l' esperto di
questioni militari Ralph Peters, che ipotizza «l' invio di navi
militari e marines americani in porti come Rotterdam e Bari per
evacuare i musulmani». Sui «catastrofisti» - come li ha battezzati
proprio l' autore del saggio Lo scontro delle civiltà Samuel
Huntington - l' intellighenzia Usa si è divisa in due. Francis
Fukuyama sostiene che il loro pessimismo è un tempestivo campanello
d' allarme: «L' Europa deve cambiare strada prima che sia troppo
tardi, la causa delle attuali tensioni è la ghettizzazione delle
comunità islamiche, ed essa può portare soltanto alla violenza». Ma,
precisa Fukuyama, il rimedio non sta «nella tolleranza illimitata e
nel relativismo morale a cui sono proni molti europei», sta invece
in un sollecito inserimento dei musulmani nella società civile, che
preservi però la loro identità, sul modello americano. Lo appoggia
l' ex candidato repubblicano alla presidenza Pat Buchanan, un
conservatore che nel libro Death of the West («Morte dell'
Occidente») auspica che l' Ue «prenda subito atto del pericolo
rappresentato dall' immigrazione musulmana». Buchanan depreca il
calo delle nascite in Europa. Un sondaggio tra le italiane dai 16 ai
24 anni, scrive, ha accertato che il 52 per cento non vuole figli:
«Più invecchieranno, e meno gli europei reggeranno all' urto degli
islamici, che saranno in prevalenza giovani ed estremisti». Ma per
altri le paure dei «catastrofisti» sono il prodotto di una miscela
di islamofobia e antieuropeismo. Joceleyn Cesari, che tiene corsi
sul Corano ad Harvard, li rimprovera di considerare gli islamici
potenziali terroristi e gli europei apostati o persecutori: «L' Ue e
l' Islam non sono monoliti - afferma - anzi hanno ciascuno una forte
corrente moderata, che non tenta di cambiare la cultura degli
altri». Anche Huntington sostiene che il dialogo è possibile: «Il
vero problema è la differenza religiosa - spiega - ma tra le due
comunità c' è stato per secoli un accomodamento. E oggi esso è
favorito dai progressi economici e dall' incipiente pluralismo dei
Paesi arabi». Huntington continua a pensare che il secolo XXI sarà
caratterizzato da guerre culturali, ma ritiene che «se l' Europa
terrà sotto controllo il fondamentalismo e insegnerà la democrazia
agli immigrati, rimarranno sì delle tensioni, ma il peggio verrà
evitato». Il politologo polemizza con Fukuyama sul modello
americano: «I musulmani sono l' 1 per cento della nostra
popolazione, non il 7 per cento come in certi Paesi europei, e noi
non confiniamo con il loro mondo». In un editoriale, la rivista
liberal Dissent ha sconfessato i due scenari negativi di Pipes,
dicendosi ottimista sull' integrazione degli islamici. L' Europa, ha
scritto, si rende conto della situazione e l' affronta su diversi
piani, di cui il più importante è quello del diritto: «Una volta
anche le sue leggi e le sue istituzioni erano improntate alle
tradizioni religiose, come lo sono ancora quelle dell' Islam. Le
secolarizzò per potersi ammodernare. Fu un processo inevitabile, e
lo sarà almeno in parte anche per la sua minoranza musulmana». L'
assimilazione richiederà tempo e forse non sarà mai totale, rileva
Michael Walzer, autore di Guerre giuste e ingiuste, ma si realizzerà
grazie alla tutela dei diritti umani, «la carta vincente dell'
Illuminismo». «La loro forza morale - commenta Walzer - è
irresistibile per popoli che hanno patito dittature sovente
analoghe, appunto come quelli europei e islamici». Walzer però pensa
che i fondamentalisti «cercheranno di islamizzare i diritti umani».
Lo storico inglese Tony Judt è fiducioso che l' Europa risolva «la
crisi musulmana». Fa tre osservazioni: «È vero che lo spettro dell'
islamizzazione alimenta movimenti come i conservatori in Danimarca e
la Lega in Italia e che certi membri dell' Ue, come la Francia e l'
Olanda, hanno reagito duramente». Ma, prosegue Judt, l' Europa sa
che integrando gli islamici nella società eviterà che i loro giovani
si alienino e abbraccino il terrorismo: tra gli immigrati c' è una
forte corrente riformista con un potenziale vasto seguito, le donne,
il problema è come conciliare la difesa del costume musulmano con l'
emancipazione individuale. A esprimere giudizi negativi sulla Ue,
conclude lo storico, sono i conservatori, specie della destra
cristiana, che da un lato coltivano lo stereotipo dell' islamico
terrorista, dall' altro accusano l' Ue di antiamericanismo. Ma al
contrario di quanto essi sostengono, è possibile che gli immigrati
musulmani in Europa diventino gradualmente la cinghia di
trasmissione della democrazia nei Paesi di origine. * * * |
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Caretto Ennio
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