Potete dire ciò che volete del presidente
russo Vladimir Putin - sempre cercando di essere cortesi - ma una
cosa è certa: grazie a lui il suo Paese ha riacquistato credibilità
come grande potenza. Dieci anni fa, la Russia versava in uno stato
critico, paragonabile al «Periodo dei Torbidi» seicentesco. Il
predecessore di Putin, Boris Eltsin, sembrava la caricatura del
terribile zar Boris Godunov, il cui governo costò alla Russia fame e
umiliazione. Afflitto da problemi di cuore e dall' alcolismo, Eltsin
aveva ottenuto la rielezione nel 1996 solo trasformando la
privatizzazione del settore energetico russo in uno squallido
imbroglio, barattando giacimenti di gas e petrolio con contributi
elettorali. Intanto, il popolo russo subiva il dilagare dell'
inflazione e della disoccupazione. Non c' è da stupirsi se negli
anni Novanta la posizione geopolitica della Russia appariva sull'
orlo del baratro. Quando le ex repubbliche sovietiche e gli alleati
del Patto di Varsavia si apprestavano a entrare nella Nato, la
superpotenza sembrava davvero - in una battutaccia da Guerra fredda
- «l' Alto Volta con i missili». Poi, alla fine del 1999, Putin ha
preso il potere. Da allora ha riaffermato con un pugno di ferro il
controllo del Cremlino sul settore energetico e dei media. L'
economia si è ripresa, come dimostrano il tasso di crescita media
del 6,8% e la drastica riduzione dell' inflazione. La conquista più
significativa di Putin, tuttavia, è stata quella di ristabilire il
peso mondiale della Russia. Mentre il suo predecessore faceva il
buffone sullo scenario internazionale, Putin ha preferito fare il
duro. Infatti, quando l' ho visto parlare alla Conferenza
internazionale sulla sicurezza tenutasi recentemente a Monaco, mi
sembrava di trovarmi di fronte a Michael Corleone ne Il Padrino - la
personificazione della minaccia velata. Una delegazione americana,
che contava tra le sue file il segretario della Difesa Robert Gates
e il candidato alla presidenza John McCain, ha sentito Putin
lanciare l' ammonimento che un «mondo unipolare» - vale a dire un
mondo dominato dagli USA - si rivelerebbe «nocivo non solo per tutti
coloro che fanno parte di questo sistema, ma anche per chi lo
comanda». «L' uso spropositato della forza da parte dell' America -
ha detto Putin - stava precipitando il mondo in un abisso di
conflitto permanente». A una parte del pubblico, le lamentele di
Putin ricordavano stranamente la Guerra fredda. Mi ha colpito,
guardando i partecipanti, notare che il suo pubblico non è
esclusivamente americano, ma piuttosto europeo e mediorientale. Come
Michael Corleone, Putin aspira a essere un imprenditore. La sua
Russia è un impero energetico che vanta più di un quarto delle
riserve mondiali di gas naturale, il 17% del carbone e il 6% del
petrolio. Per ragioni geografiche, gli Usa non sono tra i suoi
principali clienti. Ma i due quinti delle importazioni tedesche di
gas naturale provengono dalla Russia e così pure tutti i reattori
nucleari iraniani. Quando Putin ha menzionato i costi energetici,
era il pubblico tedesco a prendere appunti. E quando ha affrontato
la questione della proliferazione nucleare, erano gli iraniani a
drizzare le antenne. Il punto chiave è che il potere geopolitico
della Russia dipende dal valore delle sue esportazioni energetiche.
Come lo storico di Princeton Stephen Kotkin ha sottolineato, la
crisi energetica degli anni Settanta ha contribuito all' economia
sovietica - mentre tramortiva l' Occidente - inondando di
petrodollari il malandato sistema sovietico. Ma quando il prezzo del
petrolio è sceso sotto la media di 20 dollari al barile dal 1986 al
1996, ha trascinato con sé anche la potenza russa. Non è una
coincidenza che il prezzo del petrolio abbia toccato gli 11 dollari
nell' ultimo anno del triste governo di Eltsin. Potete star sicuri
che Putin non ha trascurato questa lezione di storia. Le
implicazioni politiche dell' attuale caro petrolio meritano di
essere attentamente valutate. Il concetto è semplice: la Russia è l'
unica grande potenza che ha interesse a mantenere alto il prezzo
dell' energia. Pertanto è l' unica grande potenza a non dimostrare
alcun interesse per la stabilità del Medio Oriente. È per questo che
la Russia rappresenta l' ostacolo maggiore per l' America, nel
tentativo di impedire lo sviluppo di armi nucleari da parte dell'
Iran. Certo, a Monaco Putin ha dichiarato il proprio impegno per la
non proliferazione, ma resta il fatto che sono i russi a costruire
il reattore nucleare iraniano di Bushehr e sempre loro si sono
aggiudicati l' appalto per la realizzazione di altre sei centrali. A
Monaco, Putin avrà anche ribadito il «rischio di una
destabilizzazione globale» proveniente dal Medio Oriente, ma in
realtà non c' è nulla che gli convenga di più. Perché è la
destabilizzazione del Medio Oriente a garantire gli alti prezzi
energetici dai quali dipende ormai la potenza russa. E' vero che
Putin ha fatto uscire la Russia da una realtà catastrofica, ma se
questo fosse l' inizio di nuove catastrofi? © Niall Ferguson
Traduzione a cura dello IULM |