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(7 marzo, 2007) Corriere della Sera |
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l' Intervento |
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Usa e Cina in simbiosi economica La
Chimerica ormai è una realtà |
I sussulti alla Borsa di Shanghai hanno conseguenze
ovunque. Ma sono solo acquazzoni *** UN MATRIMONIO RIUSCITO I
chimericani dell' est risparmiano, producono, esportano e accumulano
riserve. Quelli dell' ovest spendono, importano, si occupano di
terziario e accumulano deficit. Ma funziona |
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La teoria del caos suggerisce che basta una
farfalla, semplicemente sbattendo le ali nella giungla dell'
Amazzonia, a scatenare un uragano a Manhattan. Qualcosa di simile si
può dire dei mercati finanziari, come abbiamo visto la settimana
scorsa. La farfalla in questo caso è il nuovo mercato azionario di
Shanghai. Quando gli investitori cinesi hanno sobbalzato martedì, ne
è seguita una tempesta in quasi tutte le borse del mondo. Man mano
che il globo girava, martedì scorso, il valore delle aziende quotate
in borsa si afflosciava in un mercato dopo l' altro. Le borse
europee sono scese di quasi il 3 percento. A New York, lo Standard
and Poor 500 ha perso circa 3,5 punti percentuali. I cosiddetti
mercati emergenti, come Argentina, Brasile e Messico, sono stati
colpiti ancor più gravemente. Non meno di 45 dei 53 principali
mercati azionari del pianeta hanno chiuso il mese su valori
inferiori a quelli iniziali. Per il fine settimana, tuttavia, gli
analisti più scettici hanno sollevato qualche dubbio sulla versione
degli avvenimenti ispirata alla teoria del caos. Come ha fatto una
borsa con una capitalizzazione di mercato pari ad appena il 5
percento di quella di New York ad aver causato un tale scompiglio
planetario? Devono esserci altri motivi. Forse l' uso della parola
«recessione», saltata fuori in un' intervista ad Alan Greenspan?
Signori, vi prego. Alan Greenspan ha lasciato il suo incarico alla
guida della Fed oltre un anno fa. A dire il vero, non occorre la
teoria del caos per spiegare questi fenomeni: basta l' economia.
Quello che si è verificato sotto i nostri occhi la settimana scorsa
è sintomo di uno spostamento più profondo, a livello strutturale,
nell' equilibrio del potere economico mondiale. Chiedetevi perché l'
anno appena trascorso è stato così eccezionale per i mercati
finanziari; perché quasi ogni mercato ha chiuso l' anno con rialzi
da record; perché gli utili raccolti da banche d' investimento,
hedge fund e gruppi di private equity sembravano sconfinati? Alcuni
analisti dicono che si trattava di liquidità eccessiva, mentre altri
parlano di carenza di attivo. Tuttavia, la risposta più convincente
è l' impatto sismico provocato dall' ingresso della Cina nell'
economia globale. È stato l' effetto dell' immensa manodopera cinese
a basso costo sui livelli salariali globali a spingere i profitti
delle aziende Usa da circa il 7 per cento del Pil nel 2001 al 12 per
cento lo scorso anno. Allo stesso tempo, è stata la valanga di
risparmi cinesi confluita nel mercato capitale globale a causare il
ribasso dei tassi d' interesse immobiliari su scala mondiale, da
circa il 5 per cento 7 anni fa al 2,8 per cento l' anno passato.
Riflettiamo: gli utili aziendali crescono a dismisura, mentre i
tassi d' interesse reale restano molto al di sotto della loro media
su lungo periodo. Chiunque abbia voglia di mettersi in tasca un bel
po' di soldi sa benissimo che cosa fare. Prendere a prestito il più
possibile e acquistare le aziende con i maggiori utili. Ovvio, molti
economisti si preoccupano per gli squilibri mondiali collegati all'
ascesa cinese. Da un lato, puntano il dito verso l' esplosione delle
esportazioni cinesi che l' anno scorso hanno generato un' eccedenza
nelle partite correnti di oltre 230 miliardi di dollari; dall'
altro, segnalano un crescente deficit nella bilancia commerciale
americana equivalente a oltre il 6 per cento del Pil. Ricordando lo
scompiglio causato da squilibri molto più contenuti negli anni ' 70
e ' 80, queste «Cassandre» profetizzano il crollo del dollaro e
altre catastrofi. Eppure c' è un altro modo per esaminare questi
presunti squilibri: non sono infatti più preoccupanti di quanto non
lo siano, mettiamo, le vastissime disparità tra California e
Arizona. Pensiamo agli Usa e alla Repubblica Popolare non come due
paesi, ma come un' unica entità: la Chimerica. È un paese
impressionante: appena il 13 per cento della superficie terrestre,
ma un quarto della sua popolazione e un buon terzo della produzione
economica mondiale. Per di più, la Chimerica ha toccato quasi il 60
per cento della crescita globale negli ultimi 5 anni. Il loro
rapporto non è necessariamente sbilanciato, anzi, appare piuttosto
simbiotico. I chimericani dell' est sono risparmiatori; quelli dell'
ovest sono spendaccioni. I chimericani dell' est si occupano di
produzione, quelli dell' ovest del terziario. I chimericani dell'
est esportano, quelli dell' ovest importano. A est si accumulano
riserve, a ovest si producono deficit, accompagnati da emissioni di
obbligazioni in dollari di cui sono ghiotti i chimericani dell' est.
Come in tutti i matrimoni riusciti, le differenze tra le due metà
della Chimerica sono complementari. Accumulando pacchetti azionari
in dollari, la Banca della Cina non si limita solo a finanziare gli
sperperi americani, ma rallenta sistematicamente l' apprezzamento
della valuta cinese, mantenendo così le esportazioni cinesi a basso
prezzo. Allo stesso tempo, la Banca della Cina sta creando il
migliore fondo di stabilizzazione che si possa immaginare. Quando si
ha un trilione di dollari sotto chiave, ci si sente immuni dalle
crisi monetarie che hanno travagliato le altre economie asiatiche
negli anni 1997-1998. E questa è una delle ragioni per cui la
volatilità del mercato azionario della scorsa settimana ha
rappresentato una «correzione», non un crollo, e meno che mai l'
inizio di un lungo periodo di crisi. E che dire di tutti quei rischi
politici che riempiono i notiziari, in particolare il pericolo di un
allargamento del conflitto in Medio Oriente? Paradossalmente, più
diventa pericoloso il Medio Oriente, più salda appare la Chimerica,
perché il rischio geopolitico incoraggia gli investitori asiatici a
mettere al riparo i loro soldi nel fortino degli Stati Uniti. Non c'
è dubbio che vedremo nuovi alti e bassi man mano che gli investitori
cinesi imparano la lezione, ovvero che «la performance passata non è
garanzia di risultati futuri». Ma i loro scombussolamenti periodici
non causeranno nient' altro che qualche scossone di volatilità
finanziaria globale, un acquazzone in confronto al solleone secolare
che splende sulla simbiosi tra Cina e America. La Chimerica,
nonostante il nome, non è una chimera. © Niall Ferguson, 2007
Traduzione di Rita Baldassarre * * * 60% IL CONTRIBUTO dato alla
crescita globale da Usa e Cina negli ultimi 5 anni |
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Ferguson Niall
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